Basilicata, una mozione vuole vietare «il gender» ed introdurre lezioni di omofobia nelle scuole


Non esiste alcuna «ideologia gender» se non nelle menti di gruppi cattolici ideologizzati che usano quel termine per legittimare maschilismo ed omofobia. In nessun ambito accademico esiste quel termine, ma una mozione presentata al Consiglio Regionale della Basilicata intende vietare ciò che non esiste.
Si sostiene di voler vietare l'introduzione di una fantomatica «ideologia gender» anche se si passa ben presto a rivendicare ben altro. Si chiede che «venga rispettato il ruolo della famiglia nell'educazione all'affettività e alla sessualità» in modo tale che sia il genitore a decidere che cosa il figlio debba sapere (se gli dirà di non usare i preservativi perché al Papa non piacciono, sarà poi il figlio a pagarne le conseguenze e a rischiare di beccarsi una qualche malattia venerea).
Si premette che la «famiglia» debba essere intesa solo una «società naturale fondata sul matrimonio fra un uomo ed un donna» e si chiede anche che «sia oggetto di spiegazione e di studio la ragione per la quale la nostra Costituzione, all'art.29, privilegi la "famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", della quale "riconosce" gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione».
Una volta rivendicata l'educazione alla discriminazione, si propone anche di istituire corsi volti ad educare «a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale e della complementarietà biologica, funzionale, psicologica e sociale che ne consegue».

Fra le premesse si sostiene che «la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna rappresenta l'unica istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita» e che «la "teoria del gender" afferma che le differenze biologiche fra maschio e femmina hanno poca importanza e ciò che conta sarebbe il proprio "genere", ossia la percezione che una persona avrebbe di sé» e «vuole, come imposizione dall'alto, che tutti noi, compresi i bambini, non diciamo più "io sono maschio" o "io sono femmina", ma "io sono come mi sento"».
Si afferma anche che «tali teorie non sono solamente contrarie al diritto naturale (che dicono sia tutelato dalla Carta fondamentale secondo le intenzioni esplicite dei Padri costituenti, ndr), ma sono anche anti-scientifiche. L'umanità è sempre stata caratterizzata da un chiaro dimorfismo sessuale, maschio/femmina, il cui determinante biologico è rappresentato dal cromosoma Y: la sua presenza costruisce il maschio, la sua assenza realizza la femmina».
Non manca poi il sostenere la necessità di vietare «fiabe come "Perché hai due mamme", "Perché hai due papà" o altre che promuovono apertamente la transessualità come "Nei panni di Zaff" o "Il bell'anatroccolo" che indirettamente invitano i bambini e gli studenti a "scegliere il proprio genere", ignorando le proprie origini biologiche». Si sostiene che «questo tipo di insegnamento oggettivamente confonde e ferisce la crescita e l'innocenza dei bambini» e che «il sesso rimanda a criteri biologici, ovvero tutte quelle caratteristiche anatomiche e fisiologiche che indicano se si è maschi o se si è femmine, mentre il "genere" sarebbe un costrutto psicologico che cambierebbe e si modificherebbe a seconda delle epoche e dei contesti culturali».

Il primo firmatario di questo ignobile testo risulta Aurelio Pace (PPI), a cui si sono uniti Paolo Castelluccio (Forza Italia), Gianni Rosa (Fratelli d'Italia), Achille Spada (PD), Franco Mollica (UDC), Michele Napoli (Forza Italia), Nicola Benedetto (Centro Democratico), Luigi Bradascio (Pittella Presidente) e Carmine Miranda Castelgrande (PD).

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