Berlusconi senza freni (e qualche insulto) a Porta a Porta


Manca ormai poco alla data dei ballottaggi delle elezioni amministrative, fra cui anche quelli di Napoli e Milano. E, dopo il comizio trasmesso a "telegiornali unificati" (costato a Tg1, Tg2, Tg4, Tg5 e StudioAperto una condanna dell'Agcom), Berlusoni torna a parlare in TV. Lo ha fatto ieri a Porta a Porta, il programma che già in passato aveva scelto per la firma del "Contratto con gli Italiani" del 2001 o per gli attacchi al'ex moglie Veronica Lario nel 2009 (probabilmente anche grazie alla presenza del fedele Vespa e al terreno terreno privo di grandi insidie o di "fastidiosi" contraddittori).
E così, l'uomo che afferma di non aver mai offeso l'opposizione, ha pensato bene di non limitarsi ad insultare gli avversari politici (sostenendo che De Magistris è «un bell'uomo, magari piace alle donne, ma è un incapace totale, un demagogo» e che Pisapia «ha proposto solo leggi per aiutare terroristi ed eversori, e per l'eutanasia. Non ha mai amministrato neppure un edicola»), ma direttamente anche i cittadini che non la pensa come lui: dopo il celebre «Chi vota sinistra è un coglione», questa è stata la volta del «Chi vota a sinistra è "senza cervello"».
Il Presidente del Consiglio ha tirato in ballo anche i tormentoni di sempre: contro di lui c'è un «blocco mediatico terrificante», la Moratti ha perso «a causa di televisioni e giornali» (anche se poi Elisa Anzaldo del Tg1 ha chiesto l'esonero dalla conduzione sostenendo di non essere più dipsosta a metterci la faccia per «rappresentare un telegiornale che ogni giorno rischia di violare i più elementari doveri dell'informazione pubblica: l'equilibrio, l'imparzialità, la correttezza, la completezza». Peccato, però, che fra i fatti contestati non ci sia esattamente un troppo spazio concesso a Pisapia!).
Poi, continuando nel suo discorso, Berlusconi ha lanciato le solite accuse alla magistratura, sostenendo che «Leonardo non sarebbe riuscito a dipingere la Gioconda se qualcuno l'avesse pigliato a schiaffi da mattina a sera» o facendo qualche battuta di dubbio gusto sostenendo che telefonerà «all'Egitto per chiedere la scarcerazione di Mubarak, assumendo che sia lo zio di Ruby». Riguardo ai suoi processi ha portato avanti anche una sua curiosa tesi secondo la quale «la prescrizione significa che l'accusa non è fondata in modo evidente per cui i PM non sono riusciti a convincere i loro colleghi magistrati della fondatezza della loro accuse» (e poco importa, ovviamente, se in alcuni casi l'archiviazione è giunta dopo la depenalizzazione del reato o in seguito alla modifica in corsa dei tempi del processo o, ancora, grazie a linee difensive atte solo ad allungare i tempi del procedimento).
Berlusconi ha anche contestato i dati Istat che parlano di un italiano su quattro a rischio povertà, sostenendo che «che è difficile trovare un posto al ristorante, o in aereo. L'Italia spende 10 miliardi di euro in cosmetici». Dunque gli stipendi fra i più bassi d'Europa non c'entrano nulla ma gli italiani non arrivano fine mese solo perché sperperano i loro risparmi... ovvio, no?
Insomma, è evidente che per lui è necessario giocarsi il tutto per tutto per evitare una nuova sconfitta. E poco importa se bisogna ricorrere ad accuse ed insulti contro tutti e tutto (in alcuni casi persino Vespa è rimasto perplesso e ha accennato un timido «Non è proprio così, Presidente»). Ma il problema non è solo l'intervento televisivo: è la campagna in sé. Ci sono le presunte aggressioni non confermate, trucchi telematici per accumulare preferenze per la Moratti su Facebook, finti zingari sguinzagliati per la città o l'arruolamento di militanti convocati a Milano per far folla attorno alla loro candidata sindaco.

Questa non è più politica. È propaganda, è marketing. Non c'è più il rispetto dell'avversario, dell'elettore, delle idee individuali. Esistono slogan (come quelli pubblicitari), strumentalizzazioni, insulti, accuse, paura.
È una piazza in cui ognuno può dire ciò che vuole, attento a guardare il risultato e noncurante di ciò che rimane sul campo di battaglia. Si possono attaccare le minoranze (stranieri, poveri, omosessuali), si può delegittimare la legalità (dando una casa a chi ne ha costruito una abusiva o togliendo le multe a chi se n'è infischiato delle regole).
Toni alti che non si fermano nel mondo della politica: c'è chi si sente legittimato a fare di testa propria davanti a chi ha scelto come nemico. D'latra parte se un partito di maggioranza può tranquillamente distribuire volantini per evocare la pulizia etnica del territorio, perché mai un comune cittadino dovrebbe sentirsi in colpa se aggredisce un gay o un'extracomunitario? (domanda per molti solo retorica ma, purtroppo, tristemente reale per alcuni soggetti).
E poi perché dev'essere sempre colpa di qualcun altro (dei comunisti, degli stranieri, dell'Europa, dei giudici)? Possibile che si voglia parre il messaggio che c'è sempre un nemico e che l'importante non è risolvere un problema, ma riuscire ad addossarlo su qualcun altro? Il tutto, come nel caso precedente, con tutte le conseguenze sociali che ne derivano, come il dover per forza trovare un colpevole per tutto ciò di negativo che succede nella nostra vita.
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