Definì "malati" gli omosessuali, ma per la procura non c'è reato


Lo scorso febbraio, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ecclesiastico, Monsignor Paolo Rigon si scagliò contro i gay dichiarando: «Non si nasce omosessuali. La nascita dell'omosessuale è rarissima, nel senso di disfunzione ormonale o fisica. Quindi, dal momento che l'omosessualità è indotta, bisogna prenderla dall'inizio, perché così si può superare, attraverso la psicoterapia. Un'omosessualità incancrenita non è superabile, non c'è matrimonio che possa aiutare questa persona. E' chiaro che un omosessuale non potrà essere fedele alla moglie o al marito».
Simili affermazioni lasciarono profondamente indignare le associazioni gay ma anche l'ordine dei medici e degli psicologi.
«Ciò che va estirpata è l'omofobia, l'odio e la discriminazione che monsignor Rigon ha contribuito a diffondere con falsità e disinformazione. Sono passati più di trent'anni dall'eliminazione dell'omosessualità dal manuale diagnostico dei disturbi mentali, ma Rigon non se n'è accorto» è stata la pronta risposta di Arcigay e Arcilesbica Liguria. La Casa della Legalità, però, decise di andare oltre e sporse denuncia contro il religioso per violenza privata e diffamazione aggravata.
Il 9 agosto scorso, però, la Procura della Repubblica di Genova ha chiesto l'archiviazione del caso per infondatezza della notizia di reato.
Soddisfazione è stata espressa dall'avvocato del monsignore che da sempre ha definito le parole del suo assistito come "non offensive". «Aveva parlato di omosessualità -ha dichiarato il legale- come di un problema per le famiglie nel momento in cui si manifesta in uno dei due coniugi, ovvero quando una persona già omosessuale contragga matrimonio con una persona eterosessuale. Non era configurabile alcun reato nelle frasi dette dal vicario giudiziale. Non avevamo dubbi sull’esito della vicenda processuale poiché le parole di monsignor Rigon non possono integrare alcun reato».
Sarà che ognuno è libero di dire ciò che vuole ma personalmente continuo a ritenere offensivo (o, perlomeno, molto pericoloso) il diffondere come verità certe delle teorie personali su presunte patologie legate a fenomeni che la scienza riconosce come del tutto naturali, soprattutto quando lo so fa in veste ufficiale e non al bar con i propri amici. Ma, evidentemente, il tribunale è stato di parere opposto.
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