Gli scout cattolici e il "problema dell'omosessualità"


Il seminario si è tenuto a novembre, ma gli atti ufficiali sono stati pubblicati solo in questi giorni. Si è trattato di un incontro organizzato dall'Agesci (l'associazione delle Guide e Scout Cattolici Italiani) per definire delle linee guida comuni sul tema dell'omosessualità. Peccato, però, che quando negli atti un tema viene proposto come il "problema dell'omosessualità", viene facile immaginare la direzione verso cui si voleva tendere, così come confermato anche dagli atti che ne sono scaturiti: tra le proposte c'è il divieto categorico al coming out dei capi e l'indicazione di chiamare i genitori di eventuali ragazzi omosessuali per consigliar loro di rivolgersi ad uno psicologo o ad un pedagogista (sia mai che si riesca a riportarli sulla "retta via" dell'eterosessualità).
Negli atti non mancano generalizzazioni, ipotesi curiose e frasi a volte offensive dette dai tre relatori principali: padre Francesco Compagnoni (insegnante presso una pontificia università di Roma) e gli psicoterapeuti Dario Contardo Seghi e Manuela Tomisich.


Il sacerdote si è scagliato contro il regno Unito, sostenendo che la loro legge «ritiene la coppia omosessuale portatrice di diritti umani al pari della coppia eterosessuale. La tesi sottesa in questa affermazione -prosegue- è che l'avere dei figli sia un diritto umano per ogni persona e, se è un diritto umano, neanche una comunità religiosa può sollevare alcuna obiezione. Sarebbe come se un gruppo religioso ammettesse la tortura come pratica lecita: la società civile non può ritenere ammissibile la negazione di un diritto fondamentale [ossia l'assenza di torture fisiche] in nome della religione».
Dopo l'infelice paragone tra tortura ed omogenitorialità, ha ribadito il pensiero della Chiesa sul tema: «Le relazioni tra persone omosessuali, secondo la Sacra Scrittura, sono gravi depravazioni. Per questo, le persone omosessuali sono chiamate alla castità». Inoltre, sempre secondo il suo pensiero, i gay «si trovano generalmente in difficoltà con il loro sesso corporeo. Le persone omosessuali, in linea generale, hanno dei problemi non solo sul piano sociale, ma anche con loro stessi» perché (e qui si percepisce l'ombra di una visione dell'esser gay come di una malattia) l'omosessualità» è un fatto di struttura ormonale e, quindi, anche di struttura cerebrale».
In pratica, secondo la teoria di padre Compagnoni, «le persone omosessuali adulte nel ruolo di educatore costituiscono per i ragazzi loro affidati un problema educativo. Il capo è il modello per i suoi ragazzi e sappiamo che gran parte dell'effetto educativo dipende dalla esemplarità anche inconscia che proviene dall'adulto. Il capo trasmette dei modelli e i capi che praticano l'omosessualità, o che la presentano come una possibilità positiva dell'orientamento sessuale, costituiscono un problema educativo».
In virtù di quanto detto, è lui che ha lanciato una proposta di reazione davanti all'omosessualità di un ragazzo: »bisognerebbe parlare con i genitori e invitare un esperto con cui consigliarsi. In linea generale uno psicologo dell'età evolutiva o ancora meglio un pedagogista».

Manuela Tomisich, invece, ha preferito legare il tema dell'omosessualità a quello della "scelta". Nel suo discorso, inoltre, ha sostenuto che spesso il coming «porta l'omosessualità a porsi non come una modalità di espressione della propria identità sessuale, ma piuttosto come una modalità di sottolineare la differenza tra omosessualità ed eterosessualità in maniera forte, negando così la specificità dei diversi percorsi. Vale a dire che ci si propone all'altro ponendosi "contro" e non dicendo della propria fatica a costruire la propria identità».

Contardo Seghi, infine, si è concentrato sulla tesi che l'omosessualità non sia sempre una condizione permanente e che ci sono uomini e donne che diventano gay in seguito ad un trauma («in queste situazioni -ha affermato- è facilissimo tornare affettivamente a situazioni precedenti») o persone che si credono gay pur essendo eterosessuali («A volte ci sono delle convinzioni sedimentate da molto tempo, come un caso che ho seguito in cui un uomo, per il fatto di avere provato da bambino delle sensazioni piacevoli toccando lo sfintere anale, aveva sviluppato una modalità di masturbazione con una stimolazione anale. Questo fatto gli aveva prodotto la convinzione di essere omosessuale, e ne è rimasto convinto fino ai trenta anni. Ma lo sfintere anale può produrre di per sé piacere a chiunque con una stimolazione, e questa persona non era affatto un omosessuale»).
Praticamente riconducendo a casi molto particolari l'intera popolazione omosessuale, lo psicoterapeuta ha sostenuto sia la possibilità di "educare all'eterosessualità", sia che le pulsioni omosessuali possono essere "frenate".
»Dobbiamo porre molta attenzione nell'educare i nostri ragazzi a non identificarsi con ciò che sentono -ha affermato- perché quel che sentono non definisce pienamente ciò che sono. Posso provare una rabbia terribile che devo imparare a gestire e a riconoscere, non identificando me stesso con la rabbia. Devo diventare consapevole del fatto che posso gestire ciò che sento. Quindi non c'è dubbio che anche la dimensione sessuale vada poi gestita ed educata. Imparare a gestire le pulsioni e a non identificarsi in quello che si sente».
Detto ciò, ha concluso affermando che anche un capo omosessuale può essere un buon educatore, ma solo a patto che non dichiari il proprio orientamento sessuale (a suo parere, infatti, il coming out non sarebbe altro che il «bisogno che a volte un capo ha di manifestare ed esprimere i problemi della sua identità»).

Ora le "linee guida" uscite dal convegno saranno inviate a tutti i capi-scout dell'associazione che, a loro volta, saranno chiamnati al confronto e all'eventuale proposta di altri approcci. Ma se il confronto parte da tesi soggettive (peraltro che paiono orientate tutte verso una tesi ben precisa), il cammino di chi vorrà chiedere un rispetto maggiore verso le diversità pare iniziare in salita.
Robert Baden-Powell, il fondatore degli scout, scriveva che «un buon capo guida, non spinge»... viene quantomeno da chiedersi se il minacciare un ragazzo di chiamare i suoi genitori e di spedirlo da uno psicologo nel caso in cui manifesti tendenze omosessuali non sia più una imposizione che una guida (fermo stando che di per sé lo scopo dell'educazione non dev'essere quella di creare persone a propria immagine e somiglianza, ma quello di fornire gli strumenti che consentano a ciascuno di seguire la propria strada).
E, se vogliamo dirla tutta, sono molteplici i biografi che sostengono la tesi che Baden-Powell stesso fosse gay e che fosse sposato solo per le imposizioni della morale del tempo. Sostenere che il suo metodo funzioni solo perché non si è dichiarato sarebbe un po' azzardato, soprattutto visto che non si faceva problemi a dichiarare quanto gli piacesse recarsi al Gilwell Park per vedere i ragazzi che nuotavano nudi...
Volendo comunque ipotizzare la buona fede dell'associazione e la possibilità che quelli tesi siano state generate da un'ignoranza sul tema, Arcigay ha deciso di offrire loro un confronto pubblico sul tema. Se c'è davvero voglia di dibattere seriamente il tema, probabilmente il sentire anche l'altro suono della campagna potrebbe essergli di grande aiuto.
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