Clemente Gasparri: «Ammettere di essere gay non è pertinente allo status di Carabiniere»


«Ammettere di essere gay, magari facendolo su un social network, come un graduato della Guardia di Finanza, non è pertinente allo status di Carabiniere. L'Arma è come un treno in corsa, i passeggeri sono vincolati, prima di scendere, alla responsabilità di lasciare pulito il posto occupato. Gli ufficiali del Ruolo Speciale che fanno il ricorso, i giovani ufficiali dell'applicativo che fanno istanze per avvicinarsi alla famiglia, gli omosessuali che ostentano la loro condizione, sono in sintesi tutti passeggeri sciagurati dell'antico treno, potenzialmente responsabili della sporcizia o del deragliamento».
Queste le inammissibili affermazioni che Clemente Gasparri (fratello di Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato) avrebbe pronunciato in qualità di vice comandante dell'Arma in occasione di una lezione sulla pedopornografia presso Scuola Ufficiali dei Carabinieri di Roma. A denunciare il tutto è un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, nel quale si riporta anche un altro inammissibile commento del generale ha riservato ai sette carabinieri suicidatisi negli ultimi due mesi: «Chi si è dato la morte lo ha fatto senza motivo, senza dare o lasciare spiegazioni. Come si può affidare a queste persone "psicolabili" la sicurezza delle nostre comunità nazionali?».
Il Cocer, l'istituto interno alle Forze Armate italiane, ha regito a quelle affermazioni diffondendo un comunicato nel quale «Si dissocia totalmente dalle affermazioni del vice comandante dell'Arma» ed «esprime il proprio sostegno agli appartenenti alla categoria del ruolo speciale ingiustamente attaccati, ai quali, il suddetto ufficiale non ha risparmiato frasi piene di livoroso disprezzo solo perché legittimamente impegnati a rivendicare i propri diritti. Questo organismo auspica fortemente che questa vergognosa vicenda venga debitamente valutata come merita presso le competenti sedi istituzionali, affinché costituisca monito, per l'avvenire per chi intende vilipendere le istituzioni e la memoria di chi non può più autonomamente difendersi».
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