Il Papa benedice Rebecca Kadaga


Rebecca Kadaga è la presidente del parlamento ugandese. È la donna che ha presentato come un «regalo di Natale» la pena dei morte per i gay. È la donna che in sede internazionale ha rivendicato una presunta sovranità nazionale nel decidere di perseguitare parte della popolazione. È la donna sui cui tutte le diplomazie mondiali stanno facendo pressione per chiedere lo straccio della norma sull'inasprimento delle pene per i gay. Ed è anche la donna che il Papa ha benedetto davanti a decine di fotografi.
I fatti risalgono a mercoledì scorso, poco prima dell'invio del primo tweet ufficiale del pontefice, ed hanno avuto grande risalto sui giornali ugandesi: «Papa Benedetto XVI -si legge- ha dato la propria benedizione a Rebecca Kadaga durante una messa in Vaticano a cui hanno partecipato migliaia di pellegrini»
Kadaga, che si trovava a Roma insieme ad una delegazione di legislatori ugandesi per prendere parte all'assemblea della Corte penale internazionale e per una conferenza mondiale sui diritti umani, ha espresso la propria soddisfazione per l'incontro: «Siamo stati deliziati dal momento -ha dichiarato- e la nostra fede è stata rinnovata dalla benedizione del Papa».
Da molte parti, però, ci si interroga sull'inopportunità di dare una benedizione pubblica ad un personaggio che sostiene la pena di morte per i gay, oltre ad operarsi per alimentare odio e violenze verso la popolazione lgbt di un'intero Paese. Il gesto compiuto dal pontefice -aggiunto al silenzio e alla mancanza di condanne nei confronti della norma da parte della Santa Sede- viene visto da più parti come un appoggio dell'omofobia di stato da parte del Vaticano. Un appoggio che chi si definisce cristiano non dovrebbe permettersi di offrire, così come un capo di stato dovrebbe prestare molta attenzione ai suoi gesti (facilmente strumentalizzatili) soprattutto se a ridosso della votazione di un simile progetto di legge.

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