Il Pdl marcia sul tribunale


È probabilmente una delle immagini più brutte della storia repubblicana. Ieri mattina circa 150 parlamentari del Pdl, guidati dal segretario Angelino Alfano, ha manifestato davanti al tribunale di Milano ed occupato la la quarta sezione penale per chiedere l'impunità per Berlusconi (lontano dalle aule dopo il ricorso ad una serie di legittimi impedimenti, dapprima legati a problemi alla vista, poi da impegni degli avvocati ed infine dalla necessità di accertamenti medici).
Se l'assemblea costituente ha avuto l'intuizione di dividere i poteri dello Stato, la richiesta di una supremazia della politica sulla giustizia e dell'abbattimento del principio fondamentale secondo cui la giustizia è uguale per tutti (già intaccata con l'immunità per le cinque maggiori cariche dello stato e, ora, con la richiesta di un'estensione ad personam) non può che minare alla base la solidità dello stato.
Già in campagna elettorale il Pdl aveva scelto la strada della promessa di illegalità (qui uno sconcertante documento realizzato da Presa Diretta) e anche la restituzione in contanti dell'Imu sulla base del risultato elettorale era sul filo del rasoio nell'apparire un voto di scambio. Ma l'avvicinarsi della sentenza sul caso Ruby e le indagini di nuove procure su una presunta compravendita di parlamentari ha gettato nuova benzina sul fuoco, portando il centro-destra alla decisione di intraprendere una guerra fra poteri, per di più in un momento delicato come quello attuale.
Appare quai ovvio che un parlamentare che non vuol accettare la giustizia del Paese è un parlamentare che inculca l'idea che la legge sia un qualcosa che possa essere rispettata a proprio piacimento (tesi che troverebbe conferma anche nei continui condoni tombali), ma che futuro potrà mai avere una nazione priva di giustizia? Come si può chiedere che dei giudici non diano seguito alla denuncia di un parlamentare che si va da loro per raccontare di essere stato corrotto? O dove gli indagati stessi non si vergognano nel marciare davanti ai tribunali per chiedere di non essere giudicati?
Ora non resta che attendere l'incontro previsto fra i vertici del Pdl e Napolitano, durante il quale è atteso un un vero e proprio ricatto allo Stato: la dissertazione alla convocazione delle Camere in assenza di un intervento sul presidente del Csm. Sia mai che anche questa volta non ce la si possa cavare, come nel caso Mills dove il soggetto corrotto è in carcere per sentenza definitiva, mentre il corruttore accertato in quel processo è ingiudicato e a piede libero grazie ad una legge ad personam (dichiarato incostituzionale il 7 ottobre 2009) che gli ha garantito la prescrizione.
Anche perché -diciamolo pure- una rapida sentenza è nell'interesse dell'imputato in caso di false accuse, in modo tale che ogni dubbio al riguardo sia prontamente dissipato. Solo quando le accuse hanno un fondo di verità le cose si complicano...
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