Mark Patton racconta la sua fuga dall'omofobia di Hollywood e la sua vita felice nonostante l'HIV


Sono passati più di 25 anni da quando Mark Patton ha vestito i panni di Jesse Walsh in "Nightmare 2-La Rivincita". La sua promettente carriera di attore, iniziata nel 1982, finì con l'esaurirsi nel 1986 dopo aver recitato con George Clooney in un episodio della serie televisiva "Hotel". Nel 2010 tornò davanti ad una macchina da presa nel documentario a lui dedicato "Never Sleep Again: The Elm Street Legacy", durante il quale dichiarò la propria omosessualità. Ora 49enne, è tornato a parlare della sua vita in un'intervista pubblicata da Hiv Plus Magazine (un inserto di The Advocate), nella quale affronta il tema della sua fuga dall'omofobia hollywoodiana degli anni '80 alla vita felice che conduce oggi nonostante la sua sieropositività.
Cresciuto a Riverside, nel Missouri, Patton non ha un'infanzia facile: «Se si è anche minimamente diversi di diventa un bersaglio -racconta- Io ero un bambino ipersensibile e sono stato per un bel po' vittima di bullismo». Da lì a poco inizia a scoprire anche la sua passione per la recitazione e per gli uomini. «Una volta capito che ero gay, mi sono sempre comportato di conseguenza. Ma sono sempre stato terrorizzato che qualche redneck potesse uccidermi per strada. Il teatro mi ha fornito uno spazio sicuro». Diplomatosi, acquista un biglietto aereo e si trasferisce a New York con solo 132 dollari in tasca: «Quando sono sceso dall'aereo -racconta- ho tirato il primo respiro rilassato della mia vita: mi sono reso conto che ero al sicuro».
Riconquistata l'autostima, il successo non si fa attendere: nel giro di pochi mesi inizia a lavorare in alcuni spot pubblicitari e spettacoli teatrali, creandosi anche una buona cerchia di amici gay. Il successo ottenuto sul palco con "Jimmy Dean" lo porta a Los Angeles dove, insieme al resto della compagnia, è chiamato a dar vita ad un adattamento cinematografico dello spettacolo.
Più il successo aumentava, più Patton si ritrova a coprire il «lato oscuro» del mondo che aveva imparato ad amare: «Mi ricordo quando mio primo manager è venuto a casa mia: ha aperto il mio armadio e mi ha detto quello che potevo e non potevo indossare. Ha gettato a terra tutto ciò che non gli andava bene e mi ha detto: "Questo è il modo normale con cui si vestono i ragazzi"». È in quel momento che si rese conto che la libertà acquisita a New York non sarebbe stata accettata nella cultura omofobica che negli anni '80 regnava ad Hollywood.
«Quando ho iniziato a lavorare a New York -dice- non ho avuto il buon senso di mantenere la mia sessualità segreta. Non ero famoso. Ero solo un ragazzo che andava a dei provini per spot pubblicitari e roba simile. A New York non era un grande problema frequentare locali gay, ma a Los Angeles mi è stato vietato di mettere piede a West Hollywood perché alcuni agenti erano soliti invitare nei bar gay gli attori in competizione con i loro clienti, al fine di sabotare la loro carriera. Erano spietati».
A Patton venne vietato anche di rilasciare interviste a riviste gay nonostante il suo personaggio fosse omosessuale: gli agenti temevano che potesse parlare di sé o rivelare la propria omosessualità. Ormai costretto a dover mentire a tutti, si ritrova a recitare in "Nightmare 2-La Rivincita": un incubo su pellicola ma che veniva da lui percepito come tale anche dietro le quinte.
Nel 1987, insieme ad un'altra dozzina di uomini, viene convocato dai dirigenti della CBS per un ruolo in un'importante serie televisiva (quasi un sogno per Patton): il ruolo offerto è gay, ma a chi avesse accettato sarebbe stato richiesto di andare in giro a raccontare a tutti di essere eterosessuale. «Ricordo di aver guardato attorno a quel tavolo -racconta- e sapevo che tutti quegli uomini seduti insieme a me erano gay. Riuscivo solo a pensare che tutti i miei amici stessero morendo di AIDS e mi domandavo come avrebbero visto questa stronzata conversazione. Il mio cuore si è rotto e sapevo che non sarei mai stato in grado di fare quello che mi stavano chiedendo, così abbandonai Hollywood alla volta di un luogo in cui fosse stato possibile essere gay».
Reinventatosi come decoratore d'interni, si ammala di quello che pareva una bronchite. Dai test medici effettuati, però, scopre di essere sieropositivo e di avere in corso un gran numero di altre infezioni (tra cui polmonite, mughetto e la tubercolosi). «Mi hanno fatto prendere la medicina per la tubercolosi che non andava mescolata con quelle vecchie medicine per HIV -racconta- C'erano così tanti effetti collaterali... È stato come se mi avessero avvelenato. Sono quasi morto lì, ma per fortuna i miei amici mi ha portato in una clinica per AIDS che mi ha salvato la vita».
Le sue condizioni di salute sono poi migliorate e per lui ha avuto inizio quello che descrive come il capitolo più felice della sua vita: si trasferisce in Messico ed incontra Hector Morales Mondragon, l'uomo che sarebbe poi diventato suo marito. I due attualmente gestiscono un negozio d'arte a Puerto Vallarta.

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