Texas e Mississipi disobbediscono al Pentagono: niente diritti per i militari gay sposati


Da ieri sarebbero dovute entrare in vigore in tutti gli Stati Uniti le nuove direttive emessa del Pentagono che, dopo il pronunciamento della Corte Suprema in merito all'incostituzionalità del Doma, aveva deciso di imporre all'esercito il pieno riconoscimento dei matrimoni gay legalmente celebrati (indipendentemente dallo stato in cui si presta servizio), così come il diritto a dieci giorni di permesso per potersi sposare con il proprio partner in uno degli stati in cui il matrimonio egualitario è legale.
Eppure le Guardie Nazionale del Texas e del Mississipi hanno deciso di ignorare la direttiva e di continuare a rifiutare qualsiasi domanda in tal senso.
L'Associated Press riporta che il maggiore John Nichols, comandante generale delle forze armate del Texas, ha dichiarato che la costituzione dello stato definisce il matrimonio come un'unione tra un uomo e una donna e, pertanto, la sua agenzia non è disposta ad accogliere alcuna domanda da parte di gay e lesbiche. Va ricordato, infatti, che sia il Texas che il Mississipi hanno incluso nella propria costituzione un divieto esplicito alle nozze gay, nonostante gli altri 13 stati che prevedono divieti normativi simili non abbiano opposto alcuna resistenza all'applicazione di una legge federale.
Forti critiche sono giunte dallo stesso governatore del Texas, Rick Perry, che lamenta come un'agenzia statale non possa certo rifiutarsi di applicare la legge. Allo stesso modo l'American Military Partner Association ha dichiarato: «È veramente scandaloso che il Texas abbia scelto di fare politica sulla pelle delle famiglie dei nostri militari. Quelle famiglie hanno già abbastanza problemi e l'ultima cosa di cui hanno bisogno è una discriminazione da parte dello stato».
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