Berlusconi si arrende e vota la fiducia. Il Pdl si spacca


Dopo aver provocato la crisi di Governo ordinando ai propri ministri di dimettersi, Silvio Berlusconi ha fatto una clamorosa retromarcia ed ha annunciato il suo appoggio al Governo Letta prima del voto. In mattinata si era espresso in maniera diametralmente opposta (chiedendo che il suo gruppo parlamentare votasse la sfiducia), ma i dissidenti interni al suo partito avevano inequivocabilmente i numeri per permettere la sopravvivenza dell'esecutivo. In qual caso il rischio di scissione e un colpo mortale alla sua leadership sarebbero risultati inevitabili.
Alla fine Letta ha ottenuto la fiducia del Senato con 235 sì e 70 no.
Luigi Zanda (Pd) non ha dubbi nel ritenere che la scelta di Berlusconi di votare la fiducia sia motivata solo dal voler «nascondere una sconfitta politica netta e chiara davanti agli italiani», aggiungendo che «Ora c'è nuova maggioranza». Lupi frena ed afferma: «La maggioranza è sempre la stessa», mentre Sacconi è del parere che «Berlusconi si è comportato da vero padre nobile del centrodestra italiano mentre Alfano si è dimostrato un vero leader. Ora c'è una piena riconciliazione con Berlusconi che è il padre di questo governo insieme a Napolitano».
E se Berlusconi si affretta ad assicurare che non c'è stata «nessuna marcia indietro», Gaetano Quagliariello sottolinea come le redini del partito paiano non siano più nelle sue mani, affermando che «ci sono due classi dirigenti». Non a caso l'ipotesi di scissione è sempre più vicina: al Senato è Formigoni a guidare la fronda dei "dissidenti" intenzionati a dar vita ad un nuovo gruppo, mentre alla Camera la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha già accettato la richiesta avanzata da dodici deputati del Pdl, tra cui il cui primo firmatario Fabrizio Cicchitto.
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