La Manif Pour Tous Italia torna in piazza


«Non abbiate paura verso coloro che vi dicono che siete retrogradi. Dobbiamo reagire verso questo ostruzionismo». È questo l'invito lanciato in piazza dalla Manif pour tous Italia, riunitasi lo scorso sabato a Roma per ribadire un fermo «no» alla proposta di legge contro l'omofobia (così come ai matrimoni gay e alla modifica dell'attribuzione di sesso).
Gli slogan sono quelli di sempre («Difendiamo la libertà di opinione», «Alcune persone erano gay», «Natura umana non è reato d'opinione», «I privilegi lgbt non sono un'emergenza del Paese»), così come le persone intervenute. Tra i manifestanti c'erano religiosi, politici (Maurizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Eugenia Roccella), bambini incaricati di reggere cartelli anti-gay, promotori di fantomatiche "terapie riparatave" e persino gli Homovox, un esiguo gruppo di gay francesi contrari alle nozze gay che, dopo essersi prestati alla campagna propagandistica francese, ora sono stati invitati pure in Italia al fin di sostenere che persino i gay sono contrari ai diritti dei gay.
Ma per strada c'era anche tanta disinformazione. Si parte da Filippo Savarese, portavoce dell'organizzazione, che ai microfoni di Radio Vaticana ha asserito che «Quando noi diciamo che la famiglia è una società naturale fondata su un uomo ed una donna, non citiamo la Bibbia ma citiamo la Costituzione italiana all'articolo 29» (quando in realtà quell'articolo dice una cosa ben diversa, ossia che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare»). O c'è qualche manifestante che ha spiegato ai reporter di Giornalettismo come «In natura la cura dei cuccioli è tra padre e madre», nonostante si sprechino gli esempi che sostengono l'esatto contrario (l'omosessualità è stata riscontata in più di centro specie diverse e la cura dei piccoli è stata più volte gestite da coppie dello stesso sesso).
Ma in fondo il punto è questo: nel «diritto di opinione» rivendicato è intrinseca la richiesta di poter dire qualunque cosa, indipendentemente dalla fondatezza o da quanto quelle parole possano istigare l'odio.
Quando qualcuno sostengono l'efficacia di fantomatiche "cure" mai provate (ma rivolte a chi dovrebbe voler diventare come loro) o il sostenere l'innaturale di un qualcosa di naturale (al solo dine di legittimare l'odio) si può ancora parlare di un'opinione lecita? La rivendicazione della propria libertà può condurre a limitare la libertà altrui?

Ma forse la paura è anche verso il cambiamento e verso la possibilità di permettere ai giovani gay di non aver paura della società (magari con la speranza che si nascondano a vita, meglio ancora se dietro un matrimonio di convenienza), così come Filippo Savarese pare aver sostenuto a Radio Vaticana. In riferimento al riconoscimento del genere delle persone, l'uomo ha sostenuto: «ha tutte le caratteristiche di una dittatura, perché l'aspetto più tragico dell'ideologia del gender non è tanto e non solo nei contenuti, che sono deprecabili perché negano il fatto evidente che le presone sono divise in maschi e femmine, ma soprattutto nei metodi che sono del tutto impositivi. Basti pensare che uno dei cavalli di battaglia di chi sostiene l'ideologia del gender è quella di indottrinare i giovani, i giovanissimi, fin dalle scuole dell'infanzia, addirittura, con questi nuovi concetti che non hanno alcuna base scientifica, ma solo puramente ideologica, violando il diritto veramente sacro di ogni famiglia di scegliere liberamente l'indirizzo educativo dei propri figli. Questo è tragico».
Evidente è anche il tentativo di nascondere la realtà dei fatti dietro a presunte ideologie, sostenendo che vi sia un'«ideologia omosessuale», un'«ideologia gender»... ma sempre negando che ci siano orientamenti e sfumature che il mondo non sia diviso fra bianco e nero in un'immagine e somiglianza di chi si pone come esempio immutabile di ciò che è giusto o sbagliato.
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