Lo sfogo di Davide: «Mi sono stufato di battermi per qualcosa che in altri Paesi considerano normale»
«I gay sono soggetti deboli, che vanno aiutati. Sono figli di una devianza della formazione della sessualità. La coppia omosessuale è innaturale e mina la stabilità delle famiglie normali». È questo l'ennesimo insulto che Davide ha dovuto subire. A pronunciarlo un giurista cattolico piacentino intervenuto ad riunione di un'associazione locale, uno dei tanti che scambiano lo sventolato «diritto d'opinione» con una ben più nefasta «libertà all'insulto». Davide, 29enne, era stato chiamato lì a rappresentare gli omosessuali. Ma forse, per il suo interlocutore, era solo un pungeball umano su cui riversare insulti e discriminazione. Pare anche che l'uomo si sia spinto ad affermare che l'omosessualità è stata depennata dalle malattie mentali solo «perché l'ente che lo ha deciso è politicizzato».
«Quelle parole mi hanno demoralizzato -ha raccontato su Facebook- e non perché abbiano minacciato la mia stabilità, ma perché mi sono reso conto che la condizione di essere gay, intrinsecamente, porta a vedersi messa in discussione la libertà stessa dell'esistere. A volte mi sembra che la "società" italiana se ne sbatta della vita delle persone. Essere gay è "una stranezza", una cosa "da accettare". E a me viene una voglia matta di andarmene dall'Italia».
Il suo appello è stato raccolto e rilanciato da Radio Sound Piacenza, sottolineando come il clima omofobo creato da alcuni sia in grado di ammorbare l'aria al punto di spingere molti gay a chiedersi se non sia il caso di lasciare l'Italia nel suo brodo.
«Non ci sono diritti per le coppie e per i genitori omosessuali -ha raccontato ai giornalisti-. È una condizione che non è dialettica politica, ma ci tocca nel profondo. Mi sono stufato di battermi per qualcosa che in altri Paesi considerano normale. È stato difficile farlo capire all'esterno della cerchia di parenti e amici e mi son dovuto accollare un peso che non mi apparteneva, cioè che la società mi imputava. Di essere diverso e strano. È una sofferenza quasi obbligatoria. Ma, oltre alla discriminazione, sento di non potermi realizzare come persona. È orrendo e mi spaventa, perché può sembrare impensabile per una persona non attenta. Qui però non posso esprimermi come individuo, non potrò sposarmi con il mio fidanzato, avere con lui accesso a certi servizi».