Dall'associazione Stonewall un servizio di consulenza psicologica gratuita via email


Si chiama "La Psicologa Risponde" ed è un servizio gratuito via email ideato dall'associazione Stonewall di Siracusa e rivolto a tutta Italia. L'obiettivo è di fornire supporto a persone lgbt e alle loro famiglie nel caso di difficoltà nell'accettazione dell'omosessualità (proprio o altrui), in seguito a episodi di discriminazione o di fronte a a casi di omofobia e di transfobia tra i banchi scolastici o sul posto di lavoro.
Va infatti considerato come spesso non sia facile trovare uno specialista con cui parlare, soprattutto se si è giovani, se non si ha la possibilità economica, il coraggio o una situazione familiare che consenta di domandare aiuto.
Alla dott.ssa Laura Uccello, una delle due coordinatrici del progetto, abbiamo chiesto qualche consiglio ed alcune delucidazioni sul servizio:

Come funziona e a chi è rivolto il vostro servizio?
La Psicologa Risponde è un servizio di counselling on line promosso dell'associazione Stonewall che offre informazione, riferimenti e supporto specialistico a tutte le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali che vivono una situazione di disagio e di conflitto interiore e relazionale; a coloro che sono soggetti a discriminazioni, violenze e abusi a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere; a parenti o amici di persone Lgbt che desiderano essere supportati nel relazionarsi con i propri figli o amici
L'utente può accedere al servizio inviando una mail (qui trovate tutte le indicazioni, ndr). Il messaggio viene recapitato nell'immediato a due psicologhe, le quali forniscono celermente la risposta adeguata a seconda della richiesta. Agli utenti è garantita massima riservatezza e tutela della privacy. Inoltre, nel caso in cui la persona lo desideri, c'è la possibilità di effettuare una consulenza psicologica gratuita presso la sede dell'associazione.

Quali sono le problematiche più frequenti che vi vengono segnalate?
In generale le principali tematiche che emergono riguardano lo stato di solitudine e mancanza di punti di riferimento che le persone lesbiche, gay e transessuali subiscono da parte del proprio territorio, dei familiari, della scuola, etc...
Nello specifico le problematiche più frequenti per cui viene richiesto un consulto specialistico on line sono le seguenti: dubbi e situazioni conflittuali inerenti al coming out nei confronti della famiglia d'origine nel caso dei più giovani o dei propri figli nel caso di persone adulte; disorientamento e disagio nel modo di vivere la propria omosessualità o transessualità; difficoltà di gestione del rapporto di coppia; vissuti di discriminazione sul posto di lavoro o a scuola.
Arrivano, inoltre, sempre più richieste d'aiuto da parte di genitori che esprimono di non riuscire a relazionarsi al meglio con i loro figli omosessuali o transessuali.

Che consiglio daresti ad un ragazzo che vorrebbe fare coming out in famiglia ma che teme la reazione dei genitori?
Il coming out, cioè la decisione consapevole di voler dichiarare agli altri la propria omosessualità o transessualità, non è semplicemente un'azione, ma si tratta della fase finale di un processo, caratterizzato da tappe, che ha inizio con l'intuizione e successivamente la presa di coscienza della propria omosessualità (o transessualità), proseguendo con l'accettazione della stessa fino al renderla manifesta agli altri. Quella che precede il coming out è una fase solitamente vissuta con estremo disagio provocato dal conflitto tra il desiderio di esprimere liberamente il proprio orientamento sessuale e affettivo, senza più doversi nascondere o ricorrere a bugie e sotterfugi, e contemporaneamente la paura del giudizio, della reazione dei familiari e di distruggere il rapporto con loro. Per tale motivo non esiste né una modalità univoca né un momento prestabilito e ognuno deve dapprima conoscere e rispettare i propri modi e tempi di apertura. È necessario comprendere la fase del processo in cui si trova il ragazzo, i sui vissuti personali e le risorse familiari dello stesso, elementi che sono sempre diversi da caso in caso ed estremamente soggettivi.


Alla dottoressa Sofia Milazzo (l'altra coordinatrice del servizio) abbiamo invece chiesto perché non si deve temere di chiedere aiuto e qualche consiglio per reagire ai casi di omofobia:

Se l'omosessualità non è una malattia, perché rivolgersi ad una psicologa?
Da tempo l'omosessualità è stata cancellata dal novero delle malattie psichiatriche contenute nel DSM e l'Organizzazione Mondiale della Sanità la considera una variante della sessualità. Ciò vuol dire che la persona omosessuale non deve rivolgersi a una psicologa "per la sua omosessualità". Tuttavia può richiedere un parere specialistico laddove subentrino problemi di accettazione del proprio orientamento sessuale, con conseguenti pensieri depressivi o perdita di autostima ad esempio, oppure per problemi legati al rifiuto da parte della famiglia o della società in genere.

Che consiglio daresti ad un ragazzo che è vittima di bullismo omofobico?
Di non rimanere in silenzio, ma di contattare subito le associazioni o altri enti competenti nel territorio per affrontare insieme la situazione.

Quali sono le cause che possono spingere una persona a maturare un sentimento omofobo?
La paura del diverso, di ciò che non si conosce è alla radice del razzismo sotto diverse forme, tra cui appunto quello verso gli omosessuali. Il razzismo è uno stile di pensiero che discrimina ed emargina ciò che non può essere accolto dentro di sé, perché ritenuto inaccettabile e di conseguenza giudicato pericoloso e da combattere. La religione poi gioca certamente un peso importante nell'alimentare i sentimenti omofobi, laddove continua a sostenere la tesi dell'omosessualità come qualcosa di contro natura.
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