Tempi: «Papa Francesco non giudica le persone omosessuali, ma l'omosessualità sì»

Sui siti cattolici prosegue incessantemente una campagna contro l'omosessualità. L'ultima trova ideata dai redattori di Tempi è l'attribuire il loro pensiero nientepopodimeno che al Papa. Il titolo non lascia dubbi: «Papa Francesco non giudica le persone omosessuali, ma l'omosessualità sì».
Insomma, quell'uscita del pontefice sul «Chi sono io per giudicare un gay?» non dev'essere certo piaciuta ad un giornale che vuole fomentare la creazione di gruppi (chiamati Sentinelle in piedi) che abbiano lo scopo di impedire che nella scuola o nella società si possa parlare di diversità, motivo che evidentemente li ha spinti a correre ai ripari nel ribadire che un buon cristiano deve dimostrare avversione verso i gay.
Dal canto suo papa Francesco ha più volte ribadito una posizione poco gay-friendly, ma presumibilmente mai con la fermezza da loro sperata. Anzi, quando parlando di omosessualità ha sostenuto che «si conosce il parere della Chiesa ma non è necessario parlarne in continuazione», pareva quasi rivolgersi proprio ai redattori di Tempi e ai loro articoli quasi quotidiani dedicati alla condanna dei gay. Motivo -forse- che spinto il giornale cattolico ad "interpretare" liberamente il pensiero pontificio sino ad estrapolarne la tesi desiderata.
Curioso è soprattutto la formulazione del, all'interno del quale vengono presentate quelle che sembrerebbero quattro prove della tesi sostenuta, ma che in realtà è una sola: una citazione di una frase estratta da un documento del 2006 ed inserita nell'esortazione apostolica "Evangelii gaudium". tanto è bastato per ritenere che il pontefice non solo volesse sposare appieno la totalità del documento , ma anche di tutti i documenti in esso contenuti. Una proprietà transitiva che ha permesso di arrivare sino ad uno scritto di oltre quarant'anni fa che finalmente presentava tono sufficientemente discriminatori...
Curioso è anche come tutto questo sia avvenuto sullo sfondo di un pontefice che di certo non le manda a dire e che -se davvero avesse voluto prendere una posizione chiara- di certo non dovrebbe chiedere a loro di interpretare le sua parole.
Ma in fondo si sa che si è di fronte ad una propaganda e che nelle crociate l'uccisione di un infedele none era da ritenersi peccato. Sia mai che per proprietà transitiva non si sia ritenuto che la manipolazione della realtà non sia da ritenersi peccato se finalizzata ad alimentare odio verso i propri nemici.
Un odio che spesso viene negato, così come anche l'Uccr ha voluto sottolineare in un suo recente articolo. In quel caso, infatti, il gruppo cattolico ci si è spinto a sostenere che in Italia non esiste «la ben più minima traccia di omofobia» e che «gli omosessuali sono anche più privilegiati degli altri». Il tutto sarebbe confermato anche dal Corriere della Sera che «ha confermato l'inesistenza dell'omofobia, ma anzi ha riconosciuto la presenza di una lobby gay (maschile), sottolineando che, addirittura, gli uomini gay sono privilegiati più delle donne eterosessuali».
Ma davvero il quotidiano di via Solferino ha scritto simili sciocchezze? Ovviamente no. Innanzi tutto la frase estrapolata non è tratta da un articolo (così come è lasciato lascia credere) ma da uno dei blog pubblicati sul sito e i concetti non sono mai riportati nella loro forma originale: l'articolo omette di dire che la persona che lamentava maggiori discriminazioni per le donne che per i gay stava espressamente parlando dell'ambiente teatrale, così come il suo riferimento era alle «le lobby maschili, etero od omosessuali» (e non certo alla fantomatiche «lobby gay» a cui spesso la propaganda cattolica si appella quando vuole offendere la parte avversa).
Ecco che ancora una volta si è ricorsi al taglio e cucito per presentare una tesi inconfutabile (perlomeno per quanti non si preoccupano di verificare le fonti) finalizzata a ribadire che «non c'è bisogno di una legge contro l'omofobia».