Facebook ci ricarica e censura un altro bacio gay prima delle immancabili scuse
Durante i festeggiamenti per la vittoria dell'Europa League, il bacio fra due giocatori del Siviglia (Ivan Rakitic e Daniel Carriço dopo) ha fatto il giro del web. Ed è proprio quella l'immagine che una ragazza di Torino ha deciso di pubblicare su Facebook in occasione della Giornata internazionale contro la transomofobia.
Il tutto stato caricato il 15 maggio, ma non è passato molto tempo prima che la ragazza ricevesse un messaggio di Facebook in cui le veniva chiesto di rimuovere lo scatto perché «ha violato le norme comunitarie sulla nudità e pornografia». Molti erano i commenti, tra i quali non mancavano insulti omofobi o personaggi pronti a sostenere che quell'immagine dovesse essere cancellata per «difendere i bambini». Poi l'epilogo: dato il suo rifiuto nel cancellare il bacio -evidentemente non ritenendolo un "pericolo" per la figlia di 6 anni o per la propria eterosessualità- il social network ha cancellato il suo intero profilo.
Solo tre giorni dopo Facebook è tornato sui propri passi, ha ripristinato l'account ed ha spiegato: «Nel tentativo di elaborare rapidamente ed efficientemente le segnalazioni che riceviamo, il nostro team operativo riceve molti avvisi ogni settimana e come ci si potrebbe aspettare, di tanto in tanto, facciamo un errore e blocchiamo un contenuto che non dovremmo».
Il continuo ripetersi di episodi simili, però, non evidenzia solo l'inefficacia dei processi adottati dal social network, ma anche quella che appare come una rete organizzata pronta ad approfittare di quelle falle per cercare di disturbare chiunque provi a sostenere i diritti dei gay. Poco incoraggiante, inoltre, è anche come la stessa solerzia spesso non venga applicata ai messaggi omofobi, ritenendo lecito che gruppi omofobi prendano in giro un ragazzo morto a causa loro o che gruppi anonimi possano utilizzare quel mezzo per cercare di convincere i più sprovveduti a non rivolgersi a dei professionisti ma di affidarsi a dei ciarlatani pronti a promettergli una formula di riconversione all'eterosessualità di sé stessi o dei propri figli (non va dimenticato che il giro di affari stimato attorno alle presunte terapie di conversione dei gay si aggira intorno ai 2 miliardi di dollari all'anno... tutt'altro che noccioline!).
Certo, in un Paese civile forse non sarebbe necessario rivolgersi a Google per chiedere che la smetta di finanziare quai gruppi o pretendere che Facebook non si offra come veicolo per la diffusione di odio e pregiudizi, ma al momento sappiamo che le istituzioni italiane purtroppo non appaiono particolarmente intenzionate a garantire pari diritti e dignità a tutti, nonostante un'accusa di procurato allarme nei confronti di chi cerca di scatenare il panico e l'odio sostenendo che gli studi dell'OMS siano falsi parrebbe quasi dovuta.