Prete ortodosso adescava e ricattava sacerdoti gay
L'omofobia della Chiesa può essere un business. È quanto deve aver pensato Diego Caggiano, un prete ortodosso 37enne originario di Tornimparte (AQ), ora rinviato a giudizio per estorsione aggravata e continuata in concorso nei confronti di alcuni preti gay.
Insieme ad un complice (che ha già scelto il patteggiamento, ottenendo una condanna a tre anni di reclusione convertiti nell'affidamento ai servizi sociali), l'uomo utilizzava Facebook per individuare le proprie vittime. Chiedeva l'amicizia a sacerdoti di ogni religione ed ordine e, una volta conquistatasi la loro fiducia, cercava di ottenere confidenze intime sulla loro sessualità o su quella dei loro colleghi. In quest'ultimo caso utilizzava la scusa di un presunto obbligo morale nel segnalare le «tonache peccatrici» alle competenti autorità ecclesiastiche.
Quando riusciva ad estorcere dettagli sull'omosessualità di un religioso, scattava il ricatto. Per mantenere il silenzio venivano inizialmente chieste piccole cifre, ma l'entità delle richiesta cresceva a dismisura nel corso del tempo.
Al momento gli investigatori hanno individuato un unico vaglia con cui un sacerdote avrebbe pagato i due ricattatori, mentre sono ancora in corso gli accertamenti nei confronti degli altri undici prelati ricattati (tutti in età compresa tra i 40 e i 50 anni).
Il prete ortodosso ed il suo complice avevamo anche fondato un gruppo Facebook chiamato "Grido di verità". Nastoti dietro un presunto «Osservatorio di abusi da parte di sacerdoti», i due aguzzini avevano l'occasione di raccogliere denunce e testimonianze in grado di fornirgli i nomi di altri religiosi da poter ricattare in cambio del loro silenzio.