Gli scout italiani aprono ai gay, ma l'associazione ProVita cerca di seminare zizzania


«Dove c'è amore non può esserci peccato, e che quindi anche due persone dello stesso sesso o due conviventi o una persona divorziata devono avere la possibilità di vivere nella comunità degli scout in piena uguaglianza e dignità». È quanto 456 giovani scout, espressione di altri 30.000 iscritti di tutta Italia, hanno voluto scrivere nella "Carta del Coraggio" redatta nel corso della route nazionale dell'Agesci (l'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani) tenutasi a San Rossore dal 7 al 10 agosto.
Si stabilisce anche che la famiglia sia rappresentata da «qualunque nucleo di rapporti basati sull'amore e sul rispetto» e si chiede all'Agesci che «dimostri maggiore apertura riguardo a temi quali omosessualità, divorzio, convivenza, attraverso occasioni di confronto e di dialogo, diventando così portavoce presso le istituzioni civili ed ecclesiastiche di una generazione che vuole essere protagonista di un cambiamento nella società» e che «non consideri esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo, fintanto che l’educatore mantenga i valori dell’integrità morale». Un appello è riservato anche Chiesa, invitata a «accogliere e non solo tollerare qualsiasi scelta di vita guidata dall'amore».
Tale documento è la sintesi di un lavoro svolto nel corso di un anno dai vari gruppi locali, sintetizzato e riassunto dal Consiglio Nazionale R/S, discusso in 456 campi mobili tenutesi in tutte le regioni italiane ed approvato dalla maggioranza degli stati generali dell'Associazione. Insomma, tutt'altro che un documento campato in aria.

Dinnanzi ad una simile apertura, l'Associazione ProVita ha pubblicato un indecente articolo in cui tale politica viene derisa. L'autore parla di «apertura all'omosessualismo», dice di non capire che cosa si intenda con il termine «amore» e ipotizza che quella carta voglia legittimare il «poliamore». Non manca anche il solito indegno accostamento fra omosessualità e pedofilia, con l'articolo che, parlando di scout gay, afferma: «se non pratica sesso con i lupetti, può anche far propaganda all'ideologia omosessualista? Può insegnare ai bambini e ai ragazzi che il "genere" se lo scelgono e se lo cambiano a piacimento?».
La proposta viene bollata come «fumo di Satana» e si sentenzia che «i genitori, non solo non possono più stare tranquilli quando mandano i figli a scuola, ma neanche quando li mandano agli scout». Insomma, vera e propria carta straccia.

Non paga di ciò, a due giorni di distanza l'Associazione ProVita è tornata sull'argomento sostenendo di aver ricevuto una provvidenziale «presa di posizione di alcuni capi scout che tengono a prendere le distanze da quanto presente nella "Carta del Coraggio" i cui contenuti non sono in linea con le linee guida valoriali dell'associazione stessa».
Chi sono questi capi? Perché anziché rivolgersi agli organi associativi scrivono ad un'associazione che vuole uccidere il maggior numero possibile di adolescenti impedendo la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili? E, soprattutto, perché citano gli articoli apparsi su pubblicazioni integraliste come "Radio Spada", "Notizie ProVita" o "Il Timone" anziché riferirsi agli organi associativi ufficiali? Tutte domande che l'associazione lascia inevase.

Ammesso che la lettera esista davvero, il testo proposto si lancia in precisazioni imbarazzanti: «Occorre precisare innanzitutto che questo documento è stato scritto da ragazzi la cui età oscilla tra i 16 e i 20 anni, riunitisi in un organo non ufficialmente riconosciuto in associazione, e che stanno ancora vivendo la proposta educativa offerta loro dallo scoutismo. Essa rappresenta, quindi, uno strumento educativo sfruttato dai capi dell'associazione per aiutare i ragazzi a delineare i loro impegni concreti che, come buoni cittadini e buoni cristiani, sentono di voler concretizzare nell'immediato futuro e nella loro quotidianità».
Che la ruote nazionale non sia un organo riconosciuto appare assai strano, soprattutto considerato come sia il nodo focale dell'associazione... ma le sorprese non finiscono qui: «Come capi -prosegue la presunta lettera- ci sentiamo in dovere di prendere le debite distanze dalle dure (ma a volte comprensibili) critiche di chi in questi giorni può aver pensato che il metodo educativo Agesci preveda ora nuove aperture alle ideologie imperanti della società moderna. Ci teniamo a ribadire con fermezza che non abbiamo alcuna intenzione di educare i nostri ragazzi alle deliranti teorie del gender o ad altre follie simili della nostra epoca. La nostra proposta è mirata unicamente ad educare, secondo gli insegnamenti autentici di Cristo, buoni cristiani e buoni cittadini, capaci un giorno, con spirito critico e con una solida base valoriale cattolica, di compiere le scelte che più riterranno opportune per realizzarsi pienamente nella loro Vocazione, sia essa nella vita religiosa, nel vincolo sacramentale della famiglia naturale, nel lavoro».

Chiunque conosce la struttura dell'Agesci sa bene che se una simile lettera venisse ufficializzata e portata a conoscenza dei gruppi locali, nel giro di un quarto d'ora non si sarebbero più iscritti. In poche righe viene calpestata qualsiasi strategia organizzativa ed educativa rivolta ai ragazzi, quasi a sostenere che li si si stia pendendo in giro e che il loro lavoro e le loro idee non abbiano alcun valore.
Più plausibile e pensare ad una minoranza intenzionata ad imporre la propria volontà medioevale, motivo che giustificherebbe anche il ricorso ad una simile associazione anziché ad organi ufficiali che -giustamente- avrebbero sottolineato come le discriminazioni individuali non possano avere prevalenza su una struttura decisionale "dal basso" ben definita. Non a caso un un passaggio della presunta lettera si legge: «ci impegniamo a sensibilizzare l'intera associazione e gli altri capi che non hanno le stesse idee in merito, affinché al prossimo Consiglio Nazionale si rivalutino quei contenuti della Carta incoerenti con il Magistero della Chiesa e con il nostro Patto Associativo, dissentendo da una visione confusionaria dell'amore e della famiglia naturale». Perché mai si dovrebbe chiedere di «rivalutare» un qualcosa che si sostiene non abbia valore? Non sarà mica che quell'affermazione sia falsa e strumentale?
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