Il Sinodo chiude la porta ai gay: no ai matrimoni e no alle pressioni politiche sui paesi omofobi


Alla fine la tanto sospirata apertura ai gay da parte del Sinodo non c'è stata, anzi. Nei documenti finali della prima delle due Assemblee Generale Straordinarie (la prossima si terrà ad ottobre del prossimo anno) due soli paragrafi sono stati dedicati alla "pastorale verso le persone con orientamento omosessuale":

55. Alcune famiglie vivono l'esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).

56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il "matrimonio" fra persone dello stesso sesso.

Se da una parte appare positiva la scelta di rimuovere l'espressione "teoria gender" presente nelle bozze iniziali, dall'altro è difficile non notare come la Chiesa rivendichi la necessità di un'azione volta ad impedire l'equiparazione fra i matrimoni gay e quelli etero, così come il secondo paragrafo sottolinea come alla Chiesa importi poco dei cristiani che, negli ultimi, hanno fatto di tutto per accendere l'omofobia che dormiva nei "paesi poveri" (come l'Uganda).
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