Il Sinodo verso le larghe intese per timore di «reazioni negative sulla cultura a cui ci si rivolge»


«Non possiamo dire a qualcuno: "Lei è omosessuale, non può vivere il Vangelo". Per me questo è impensabile». È quanto dichiarato dal presidente dei vescovi tedeschi, Reinhard Marx. Il religioso ha sostenuto che «la prassi sessuale non può essere accettata» ma che «non tutto nella loro vita è da condannare: se per 35 anni sono rimasti fedeli l'uno all'altro, se l'uno cura l'altro fino alla fine della vita, come Chiesa cosa debbo dire? Che non ha nessun valore? Non è vero questo».
Ed è così che il sinodo dei vescovi pare sempre più destinato ad una finta apertura verso i gay, limitata dal volersi focalizzare a priori su una condanna dell'atto sessuale. Se è la dottrina della Chiesa a riconoscere un «valore unitivo» di rafforzamento della coppia ai rapporti eterosessuali non finalizzati alla riproduzione, tale aspetto viene completamente accantonato nei confronti delle coppie gay e tanto è bastato perché i gruppi più conservatori si sentissero liberi di fare pressioni per chiedere che l'omosessualità venisse condannata in tutto e per tutto. Tra loro anche il cardinale africano Robert Sarah, pronto a sostenere l'esistenza di un'ingerenza da parte della stampa: «Quanto è stato pubblicato sulle unioni omosessuali -dice- è un tentativo per fare pressione sulla Chiesa e farle cambiare la dottrina. Mai si è voluto giudicare la persona omosessuale, ma i comportamenti e le unioni omosessuali sono una grave deviazione della sessualità».
A tirare le fila è monsignor Georges Pontier, pronto ad annunciare quella che pare sarà la posizione definitiva, sostenendo che il sinodo non ha fatto «retromarcia» ma ha trovato un «bilanciamento» tra la posizione più progressista e quella più conservatrice. Insomma, si sceglierà una larga intesa che possa accontentare tutti, forse finendo con il non cambiare proprio un bel nulla.
Imbarazzati sono le motivazioni che hanno spinto a questo ridimensionamento dell'apertura, dato che lo stesso monsignor Pontier ha indicato come «in alcuni circoli minori c'era la preoccupazione di non transigere su questi fatti che potrebbero avere, per chi lo pensa, reazioni negative sulla cultura a cui ci si rivolge». Insomma, la solita premessa con cui alcuni cattolici integralisti giustificano l'omofobia come un atto dovuto nei confronti di «una minaccia».
A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, però, non si può non notare come stia crescendo il numero di vescovi che si rifiutano di attribuire una condanna cieca e globale all'omosessualità, forse indice di tempi che un giorno poteranno ad un reale cambiamento.
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