Il vescovo di Perugia condanna indirettamente la pagina omofoba: «Alimenta la diffidenza reciproca»


Ci siamo già occupati del rischio che la strage del Charlie Hebdo possa essere strumentalizzato da chi non appare tanto interessato a combattere il terrorismo quanto a tentare di avviare una nuova guerra di religione contro l'Islam. Una nota pagina omofoba pare portarci testimonianza di come il rischio sia più che reale.
Leggendo i vari post si nota come la strage venga condannata pur precisando che non loro non possono dirsi solidali con un giornale blasfemi che ha offeso Gesù e la Madonna (tesi peraltro sostenuta anche dal club cremonese di Voglio la mamma sino a quando non hanno deciso di sfruttare il cordoglio nazionale per sostenere che in virtù dell'accaduto le Sentinelle in piedi devono poter manifestare senza contestazioni, ndr) ma da lì a poco hanno rilanciato il loro impegno di promozione al razzismo con un post un post un po' particolare.

In quella sede si è linkato un articolo di Imola Oggi (un giornale già al centro di polemiche per strumentalizzazioni razziste) che titola «Immigrati spaccano statua della Madonna, la prendono a calci e ci orinano sopra» con tanto di un'immagine che mostra una statuetta della madonna frantumata a terra. Sulla base dell'indignazione suscitata da quanto descritto il gruppo ha scritto: «con il nostro buonismo progressista accettiamo tutto, qualsiasi offesa, qualsiasi oltraggio alla nostra cultura. Queste persone che hanno distrutto la statua della Madonna, simbolo del cattolicesimo e dell'Occidente, non si vogliono integrare, ma vogliono imporre la loro cultura incompatibile con la nostra. Non chiediamo la morte di questi blasfemi, ma almeno cacciarli a pedate dal nostro territorio».
Peccato che qualcosa non torni. Innanzi tutto quell'immagine non ci giunge da Perugia ma di Roma (quando nel 2011 alcuni italiani la fracassarono durante una manifestazione). Se è pur vero che il giornale ha poi aggiunto una precisazione che parla di un'immagine di repertorio, non si spiega perché si sia ricorsa ad un'immagine che impedisse di comprendere che si stava parlando di una lapide votiva collocata nel bel mezzo di una strada (non sarà che quella non sarebbe stata una foto incisiva nel far pensare ad un blitz?). Inoltre curiosamente non si fa menzione della presenza di un uomo che, nella ricostruzione fornita del Corriere dell'Umbria, risulta «un signore che stava pregando con la foto di una persona cara nelle mani. È stato allora che un gruppo -forse composto da 5 uomini- si è avvicinato e lo ha insultato. La banda avrebbe prima preso la foto che aveva l'uomo, poi si sarebbe accanita sulla statuetta della Madonna, spaccandola in due».
Insomma, sarebbe stata un'aggressione in piena regola da condannare con fermezza, ma non certo un gesto riconducibile ai motivi indicati.

A smentire la tesi sostenuta dagli omofobi è anche monsignor Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, che al termine della recita del Rosario dinnanzi all'edicola votiva danneggiata ha dichiarato: «Dobbiamo condannare questi atti di vandalismo e di maleducazione, ma non attribuirgli significati che non hanno, perché si sente parlare in questi giorni, seppur tragici e luttuosi per le azioni terroristiche che hanno colpito il cuore della vicina Francia, di episodi di intolleranza verso i cristiani della nostra città. Dobbiamo riconoscere che per l'islam la figura di Maria è molto importante: è la Madre del profeta Gesù concepito nella verginità e la Beata Vergine è la donna più santa. Non si può attribuire questo gesto di vandalismo, che come ho detto va condannato in ogni senso, ad un episodio di odio religioso. È importante non alimentare la diffidenza reciproca soprattutto in questo momento, ma occorre comprenderci gli uni e gli altri ed aiutandoci reciprocamente a capire i valori di ogni esperienza religiosa».
Ma evidentemente le parole dei vescovi vengono diffuse come realtà indiscutibili se utili a sostenere le proprie campagne d'odio nei confronti dei gay, ma siano da ignorare se smentiscono i pretesti utilizzati per propagandare il razzismo. L'unica cosa che pare evidente una volontà di manipolare i fatti per alimentare la diffidenza, indipendentemente da chi sia la vittima.
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