Il divorziato Adinolfi si scaglia contro il divorzio altrui: «dissolve l'istituto matrimoniale»


La credibilità non è mai stata il forte di Mario Adinolfi, ma ora pare abbia scelto di andare ben oltre la decenza. Com'è noto, lui è stato il primo a lasciare moglie e figlia per sposarsi a Las Vegas (peraltro in tuta e scarpe da ginnastica) con una ragazza più giovane. E da lei ha anche avuto una figlia (l'unica di cui parla dato che l'altra viene menzionata solo per dire che lui vuole che resti vergine sino a quando non troverà un uomo a cui sottomettersi).
Eppure è dalle pagine del suo giornale che Adinolfi si scaglia con violenza con contro il divorzio, un diritto che ha voluto per sé e che ora pare voglia negare agli altri nel nome della sua ritrovata veste di integralista cattolico. Parlando di un atto che lui stesso ha compito, scrive:

Perché questa prima norma che aiuta a dissolvere l'istituto matrimoniale, di cui nessuno rivendica la paternità ed è infatti figlia di tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione, è per l'appunto solo un primo passo. Con l'obiettivo di andare all'attacco della famiglia, lo schema verrà replicato. Questo giornale prova a spiegarlo da mesi: è in atto un'offensiva figlia di una visione antropologica che vuole far saltare la famiglia naturale, trasformando le persone individui slegati dalla dimensione relazionale familiare naturale.

Già il 19 dicembre 2014 il divorziato Adinolfi si lanciò nel sostenere di volersi «alzare in piedi affermando l'indissolubilità del vincolo matrimoniale». Esatto, lui che quel vincolo l'ha tranquillamente dissolto. Il tutto tirando in ballo persino Papa Francesco, da lui utilizzato in ogni circostanza per auto-legittimare ogni suo integralismo.
Ovviamente l'omofobo Adinolfi non manca di tentare di ricondurre il discorso ai suoi soliti ritornelli: false tesi ripetute sino alla nausea forse nella speranza che qualcuno possa cascarci e magari acquisti pure il suo pessimo libro. Nel suo delirio si lancia nel sostenere:

Quali saranno i prossimi passi? Con lo stesso schema (legge di iniziativa parlamentare, alleanze trasversali, opposizione scarsa e poco agguerrita) dal 7 maggio, giorno in cui scade il termine per la presentazione di emendamenti in commissione Giustizia al Senato, si comincerà procedere a tappe forzate per approvare almeno in un ramo del Parlamento entro l'anno il ddl Cirinnà sulle unioni civili gay equiparate al matrimonio e la legittimazione dell’utero in affitto. Poi c’è il ddl Scalfarotto cosiddetto "antiomofobia" già approvato alla Camera, il ddl Fedeli sull'ideologia gender nelle scuole e il ddl di iniziativa popolare del partito radicale sul'’eutanasia.

In altre parole, sostiene che verrà approvata una legge che legittimerà qualcosa che non viene neppure menzionato (quasi come se le coppie eterosessuali non siano i principali utilizzatori della maternità surrogata), si rischierà di evitare che i ragazzi lgbt vengano picchiati a nelle scuole (cosa che evidentemente lui non vuole accada) e si teme che le nuove generazioni possano crescere con donne che non si sentano nell'obbligo di essere sottomesse all'uomo.

A coronare il tutto c'è anche un ultimo dettaglio. Nel consultare l'articolo online non passa inosservato come in pagina siano presenti due banner pubblicitari curiosi: in uno si promuove il divorzio breve, nell'altro si vendono madri surrogare. Ne consegue che l'uomo che sostiene di voler combattere l'utero in affitto sia anche la stessa persona oggi che sta accumulando denaro nel promuovere quei servizi. La classica coerenza di chi oggi dirige un giornale omofobo anche se qualche anno fa sosteneva la necessità di istituire le unioni civili gay (evidentemente cavalcando sempre l'onda di un qualche profitto personale).
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