La Croce di Adinolfi non sarà più in edicola


Da domani La croce di Mario Adinolfi non sarà più nelle edicole e sarà disponibile solo nella versione digitale. A cinque mesi e tre giorni dal lancio, pare dunque iniziare il declino di un quotidiano che non aveva altra ragione di esistere se non la mistificazione dei fatti e una campagna contro i diritti delle minoranze.
C'è da chiedersi se si prospetta un fallimento editoriale come quello già registrato dal suo The Week, il periodico lanciato nel 2010 e ben presto ingurgitato dal disinteresse suscitato da un giornale che voleva solo dichiarare guerra ai nati prima del 1° gennaio 1970.
Ora che si è passati a rivolgersi ad un altro tipo di pubblico (primariamente composto da quelle stesse persone che cinque anni fa venivano dichiarate «vecchie») pare che si rischi di finire ancora una volta con un pugno di mosche.
Solo qualche settimana fa Adinolfi sosteneva che il suo giornale fosse l'unico a registrare una continua crescita delle vendite. A febbraio sostenne che «Gli haters ci davano tre settimane, ma noi con #LaCroce saremo in edicola per anni». Così non è stato.

Dal canto suo Adinolfi continua a proseguire sulla sua linea di merketing. Ripete a pappagallo che è lui il leader, che è lui il migliore, che è grazie a lui se le mozioni presentate da altri potrebbero causare ritardi nell'approvazione di una legge attesa da decenni (ma la cui assenza mina solamente i diritti fondamentali altrui, non certo i suoi). Non mancano poi i soliti commenti vittimistici di chi spera di vendere qualche copia in più (ormai solo digitale) nel nome di un processo di auto-martirizzatone. Ed è così che su Facebook scrive che «se il ddl Scalfarotto fosse approvato, io sarei arrestato e rischierei fino a sei anni di carcere per omofobia. Non sono omofobo, ho scritto un libro e dirigo un giornale che però sono indicati come omofobi dalla lobby lgbt. Con violenza massacrano ogni giorno ogni cosa che scriviamo e diciamo come circoli VLM o gruppo che anima il quotidiano La Croce, figurati se la legge offrisse loro l'opportunità di mandarmi in galera. Ne approfitterebbero subito. Un paese civile potrebbe accettare che per le mie idee io debba andare in galera?».
Bhe, se Hitler non si fosse suicidato probabilmente sarebbe finito in galera per le sue "idee", no? Così come è buffo si possa sostenere di non essere omofobi nel momento in cui ci si lagna che le proprie vittime ci apostrofano come tali. Sarebbe come dire che se non mi sento un evasore nel chiedere pagamenti in nero, allora l'Agenzia delle Entrate non può osare chiamarmi "evasore" e non può sbattermi in galera per le mie idee... Insomma, follia pura.

Inoltre, chi usa un giornale per sostenere che i gay siano dei malati mentali o che i loro suicidi non vadano combattuti perché non ci si sente responsabili delle loro morti è omofobo, che lo si voglia ammettere oppure no. Raccontare che la legalizzazione delle unioni civili aprirebbe le porte all'utero in affitto è una mistificazione, che lo so voglia o no. E il capire che le proprie idee non possono essere imposte con la violenza dovrebbe essere una base del vivere civile.
Ma a quanto pare Adinolfi non si limita a ritenere che il suo (secondo) matrimonio valga molto più di quello celebrato fra due persone dello stesso sesso, ma ritiene anche che i propri diritti valgano molto di più del diritto all'esistenza delle sue vittime.
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