Milano Pride chiede il patrocinio della regione. Il Ncd è già in rivolta


Dopo aver ottenuto l'assegnazione del patrocinio da parte del Comune di Milano, dell'Ambasciata Svedese di Roma e della Chiesa Valdese, le associazioni che organizzano il Milano Pride 2015 (che si svolgerà il il 27 giugno prossimo) hanno avviato le pratiche per la richiesta del patrocinio alla Regione Lombardia.

Difficile è dimenticare come lo scorso gennaio l'istituzione abbia ospitato nella sua sede un convegno dai toni particolarmente discriminatori nei confronti delle persone lgbt e delle loro famiglie, motivo per cui risulta ancor più importante giunga un segnale tangibile che mostri l'intenzione di non voler privilegiare alcuni cittadini rispetto ad altri. Ed è in questo scenario che ben si inserisce un evento si concentrerà «sulla necessità di riconoscere la pluralità delle persone e delle famiglie presenti nella nostra società, sul diritto di tutti e tutte di vedersi riconosciuta la propria famiglia dall'ordinamento legislativo e sulla piena promozione della parità tra individui sancita dalla nostra Costituzione».

Le associazioni del Coordinamento Arcobaleno spiegano: «Sarà un Pride di promozione e difesa di tutte le famiglie e del valore di ogni diversità. L'anno scorso la Regione aveva patrocinato il Pride di Milano, ma, fin qui, chi la amministra ha agito all'opposto dei valori sostenuti dalla manifestazione dei diritti. La richiesta di patrocinio vuole essere, ancora una volta, una sollecitazione perché anche chi guida la Lombardia cambi di rotta: le persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans) e le loro famiglie meritano istituzioni vicine e non nemiche di una democrazia compiuta nei diritti di tutti e per tutti».

Nicolò Mardegan, il coordinatore cittadino del Ncd, ha già dissotterrato l'ascia di guerra nel sostenere che «Sarebbe un errore concedere il patrocinio al Pride 2015. Spero che la Regione non cada nell'equivoco di chi confonde, come il Comune, parate di dubbio gusto con la giusta battaglia contro le discriminazioni [...] Benissimo discutere di diritti, ma lo si faccia nella cornice della Costituzione basata sulla famiglia come unione naturale tra uomo e donna».
In altre parole, l'uomo pare chiedere che la sua interpretazione ideologica della Costituzione[1] sia presa come un dogma e che i diritti non possano essere rivendicati se in contrasto con una visione che pare ricordare le teorie sulla razza ariana, questa volta basate su un presunto diritto di nascita legato all'orientamento sessuale.
Mardegan non ha poi perso l'occasione per scagliarsi contro il Comune di Milano per la mancata concessione degli spazi all'ennesimo convegno omofobo che avrebbe dovuto spiegare alla cittadinanza che i gay sono immeritevoli di qualsiasi diritti civile. Insomma, a suo dire le istituzioni dovrebbero cercare di sostenere solo al posizione dell'integralismo cristiano senza lasciare spazio ad altre opinioni (mica che poi passino leggi «liberticide» come quella che avrebbe dovuto tutelare migliaia di giovani da aggressioni e reati omofobi).


  1. Data l'ossessione delle destre nel sostenere che la Costituzione parli di matrimoni fra uomo e donna, è bene ricordare l'articolo 29 afferma che: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare». In altre parole, non vi è alcuna indicazione sul sesso dei coniugi.
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