Costanza Miriano: «Se lo stato darà valenza pubblica alle unioni gay, separiamoci tutti»


L'integralismo cattolico sostiene che l'estensione dei diritti civili alle famiglie gay causerà l'immediata «distruzione» della società. Se nessuno ha mai capito come ciò dovrebbe avvenire, è Costanza Miriano a spiegarci il suo progetto affinché ciò avvenga attraverso una sorta di suicidio di massa.
In un articolo apparso su La Croce di Adinolfi, la donna scrive: «Faccio una proposta, separiamoci tutti. Se lo Stato dovesse dare una valenza pubblica alle unioni di persone dello stesso sesso, se addirittura dovesse passare il ddl Cirinnà, che non solo dà un riconoscimento alle convivenze di persone indipendentemente dal sesso, ma le equipara in tutto tranne che nel nome al matrimonio, ritengo che noi che investiamo nella famiglia ci dovremmo separare civilmente».
La donna sostiene anche che «se la Cirinnà dovesse diventare una legge il matrimonio non sarebbe più il riconoscimento pubblico di qualcosa che costruisce un beneficio comune –cioè essere disposti a mettere al mondo persone e a farsene carico in modo stabile fino a quando loro a loro volta non saranno in grado di provvedere a sé e alla società– ma sarebbe solo un sigillo su un sentimento». Interessante è notare come venga trascurato il dettaglio di come il matrimonio sia previsto anche per tutti quegli eterosessuali che non hanno la benché minima intenzione di mettere al mondo un figlio, così si chiede debba essere negato ai gay che hanno prole.

Eppure la donna si dice certa che il matrimonio (tra un uomo e una donna) debba essere ritenuto un patto con Dio e che il suo riconoscimento giuridico «sembra un'intollerabile intromissione dello Stato nella nostra sfera privatissima e inviolabile». Eppure quell'intromissione la si auspica come un privilegio inviolabile, sostenendo che i gay hanno già fin troppi diritti: perché «Tutti questi diritti già ci sono, sono riconosciuti dallo Stato che tutela i conviventi di qualsiasi sesso, come spiegano i promotori del testo unico sulla famiglia. Le leggi che tutelano i conviventi ci sono, e io aggiungo per esperienza che le tutele ai conviventi sono spesso maggiori di quelle ai coniugi».

Ed ancora: «È chiaro quindi che quello che chiedono le persone omosessuali non sono "dirittiumani", espressione ormai totalmente svuotata di senso, perché i diritti già li hanno, se decidono di convivere stabilmente. Non parliamo di diritticivili –perché non esistono discriminazioni a livello umano, ci mancherebbe (l'espressione aveva senso quando è nata, per la battaglia antisegregazione dei neri, quando si parlava di posti a sedere negli autobus e bagni separati). Inoltre, come è giusto che sia tra adulti consenzienti possono intestarsi reciprocamente case, disporre delle proprie eredità, firmare consensi in ospedale, andarsi a trovare l'un l'altro se ricoverati».

Si arriva così a parlare delle differenze che, stando alla Miriano, sarebbero solo due: «la pensione di reversibilità e i figli. La pensione di reversibilità aveva un senso quando una donna si dedicava tutta la vita alla gestione della famiglia, e l'uomo lavorava fuori. Era un lavoro di squadra, ed era sacrosanto che si tenesse conto del lavoro della donna, del suo contributo alla vita familiare. Un omosessuale non può stare a casa per accudire i figli della coppia, semplicemente perché la coppia non può avere figli, e non è giusto che la società si sobbarchi l'onere del mantenimento della vecchiaia di una persona che è stata a casa senza contribuire al bene comune (può sempre godersi l'eredità privata del compagno). L'altra cosa a cui le coppie omosessuali non hanno diritto sono appunto i figli, ma questa è una cosa che non si può cambiare per legge. È un limite che mette la natura. È un limite che non si può oltrepassare senza violare atrocemente i diritti dei più deboli».

La giornalista passa infine al sostenere che siano gli eterosessuali ad essere vittime di un'intollerabile violenza: «Serve forse ricordare che il limite della libertà del più forte a favore di quella del più debole è precisamente la base della società umana: nella preistoria se vedevi il vicino di caverna con una pigna più bella della tua lo ammazzavi a randellate e via. Vogliamo tornare alla preistoria? O meglio, vogliamo tornare a prima di Cristo, quando non tutti gli esseri umani avevano lo stesso valore?».
Dice anche che «dall'istante in cui le unioni saranno equiparate al matrimonio, la Corte Europea ci metterà tre nanosecondi a intimarci di approvare l'utero in affitto». Peccato che in tutta Europa siano stati approvati i matrimoni egualitari ma nessuno di quegli stati ha mai legalizzato tale pratica. Perché mai la Corte dovrebbe imporre un qualcosa di diverso all'Italia?
Eppure lei è irremovibile: «Se una legge servirà a sancire tutto questo noi, io e mio marito, ci separiamo davanti allo Stato, perché quel matrimonio non ci corrisponde, non ci interessa, non ci appartiene, e infine non significa, oggettivamente, più niente».

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