Tempi: «Contro il gender è legittimo l'uso della forza materiale. Prima si danno calci e pugni, poi si dialoga»


Con l'approssimarsi del family day, il mondo cattolico è in fermento nel tentativo di aizzare i propri lettori contro i diritti civili. In tale ottica il settimanale Tempi si è affidato ad un articolo firmato dal suo Rodolfo Casadei, nel quale si spiega perché sia necessario essere in piazza contro il riconoscimento giuridico di tutte le famiglie.
Si inizia con il sentenziare una ferma condanna verso tutti quei cristiani che sono per la parità fra le persone. Si parla del «dovere dei cristiani di difendere la vita e la natura umana non solo con la testimonianza personale ma anche con l'azione politica» e ci si lamenta di come «di giorno in giorno aumenta il numero dei cattolici che criticano, ostacolano, condannano, emarginano quei cattolici che si impegnano pubblicamente in difesa dei bambini delle scuole materne ed elementari che si vorrebbe sottoporre a quel lavaggio del cervello e condizionamento psichico chiamato "educazione al gender" e contro il progetto di sfiguramento e reificazione dell'umano che sta dietro la richiesta di legalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso».

Dopo aver proposto le sue tesi ideologiche sul significato del provare ad insegnare ai bambini che una donna non deve sentirsi inferiore all'uomo e che le aspirazioni possono essere le stesse indipendentemente dal genere, Casadei afferma che la partecipazione al family day ci venga praticamente chiesta da Gesù come atto di amore verso il prossimo. Dice:

I bambini ai quali è destinato l'indottrinamento psicopatogeno del gender sono il mio prossimo, e in quanto uomo e cristiano sono chiamato a prendere le loro difese, a fare qualcosa perché gli sia risparmiato questo male, a oppormi all'ingiustizia che è fatta loro. Qui c'è un'aggressione, e quando c'è un'aggressione il dovere di tutti gli esseri umani, in prima fila i cristiani, è di difendere gli aggrediti. Su questo punto nessun uomo e nessun cristiano possono mantenersi neutrali, in proporzione alle loro possibilità di intervento hanno il dovere di intervenire. Davanti al male, all'ingiustizia, ai delitti contro i più deboli e i più poveri, alla reificazione dell'uomo, alla negazione della sua dignità, cristiani e uomini di buona volontà sono provocati ad agire. Il comandamento dell’amore per il prossimo implica anche di battersi per difendere l'orfano, il povero, la vedova.

Spiegato come gli orfani e le vedovo vadano difese e i ragazzi lgbt vadano spediti al macello perché poco graditi e ritenuti immeritevole di uguali diritti (o come ad una bambina non debba assolutamente essere detto che le sue aspirazioni possono andare al di là di una sottomissione al marito), Casadei racconta di un discorso fatto ad un amico che lo ha portato ad affermare: «Nobile cosa è l'educazione, prevenire è meglio che curare, ma ahimè la realtà ci pone di fronte a situazioni che richiedono interventi diretti, con un uso legittimo della forza. Forza materiale o forza politica, a seconda delle circostanze».

Un concetto ripetuto anche nella risposta che sostiene di aver dato all'amico per spiegargli quale reazione sia dovuta dinnanzi chi vuole insegnare che maschi e femmine hanno pari dignità e diritto alle medesime aspirazione:

Al mio amico ho replicato: «Amico mio, tu hai due figlie giovani. Se mentre le accompagni a casa da una festa ti si avvicinano due mascalzoni, e uno cerca di strappare la borsetta alla prima figlia, e l'altro molesta sessualmente la seconda, tu cosa fai? Dici: "fermatevi, l'essere umano è chiamato a riconoscere un bene nell'altro essere umano, voi siete migliori di così, venite a pregare con me e sarete illuminati, guardate nei miei occhi e scoprirete l'amore di Cristo", oppure molli calci e pugni per dissuaderli dalle loro cattive intenzioni? Cerchi di cambiare la coscienza che di sé ha il soggetto, o cerchi di neutralizzare l'azione che quel soggetto sta compiendo?». L'amico mi ha risposto che avrebbe difeso fisicamente le figlie dall'assalto, ma che poi si sarebbe preoccupato di ritrovare i due manigoldi e di cercare di impegnarli in un cammino di crescita umana. Perfetto, ho detto, allora siamo d'accordo. Quando c'è un'aggressione, prima di tutto si risponde all'aggressione, in nome del buon diritto degli aggrediti. Poi si dialoga e si educa. Se la controparte è disponibile e interessata, perché nessuno è obbligato a dialogare con me o a farsi educare da me.

In altre parole, nel nome dei bambini deve essere legittimata l'aggressione fisica nei confronti di chi non vuole inculcargli una visione bigotta della vita. Il tutto sostenendo che sia Gesù a chiedercelo.

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