Lettera ad una Sentinella


Il mondo omofobo è solito sostenere che le Sentinelle in piedi siano pacifiche perché stanno in silenzio. Eppure è il buonsenso a suggerire che non è così: se una persona dice qualcosa, esprime un concetto che può essere contraddetta. Ma se qualcuno si mette in una piazza in silenzio a rimuginare su quanto si senta superiore degli altri, si è dinnanzi ad un qualcuno che non esprime nulla se non odio. È lì perché non vuole avere dialogo, ma è lì anche per sostenere che tu non debba esistere perché a lui dai fastidio.
Ma la cosa più brutta è come questa gente voglia creare un "Noi" e un "loro". L'obiettivo è di dividere, creare distinguo e discordia. Ed è proprio per raccontare una di queste storie che proponiamo una lettera ad una di queste "sentinelle". Una storia vera.

Oggi voglio raccontarvi la storia di Roberto (nome di fantasia, onde evitare querele nella realtà). Roberto ha poco più di vent'anni, é fascista nei feriali e sentinella nei festivi.
La sua famiglia è storicamente e orgogliosamente fascista, fin da suo nonno Bob, passando da suo padre Will (nomi di fantasia in chiave anglosassone). Famiglia numerosa e cattolicissima (solo quando gli fa comodo ovviamente). Sul cofano della sua piccola automobile vedevo dipinto un simpatico aquilotto nero, dentro lo stereo della suddetta girava una copia della storica e mitica audiocassetta di "Giovinezza". Una specie di "Greatest hits" dello zio Benito, come amava chiamarlo lui. Dinanzi ai semafori dicevi sempre: "io non mi fermo davanti al rosso" e passavi. Sgommavi e via. Tanto il carburante lo pagava l'ebete del sottoscritto.
Ebbene, nell'epoca in cui amavo professarmi eterosessuale, io e Roberto eravamo amici e uscivamo assieme continuamente. Un gruppo eterogeneo nel vero senso della parola. Non eravamo molto compatibili politicamente, ma non davamo troppo peso a queste divergenze ideologiche.
Mi scoprii omosessuale, mi accettai e cominciai a fare Coming out con chiunque mi capitasse a tiro. Ovvio. Roberto non lo sentivo da molto, credo avesse percepito qualcosa, sicuramente alla scoperta della mia omosessualità non stava saltando sul divano di casa sua (peraltro orrendo) dalla gioia. Mi vide una sera con una compagnia molto Lgbt in una festa molto Lgbt e mi osservò con gli occhi di chi prova un disgusto secondo solo a quello di un paracadutista che si caga addosso. Mi salutò a malapena, avvolto dai soliti straccetti metal, dalle borchie sgargianti dell' "Ingrosso Cina" e dalle scarpe nere accuminate, funzionali per sferrare poderosi pedate scrotali.
Qualche mese dopo lo trovai a Padova in piedi, immobile, con un libro in mano, con quindici chili in più e una fidanzata orrenda. Con lui c'era la famiglia al completo. Gente che una volta mi adorava e che oggi mi guarda con disprezzo solo perché mi interfaccio con esseri umani senza tette. Insomma, erano diventati "Sentinelle in piedi". Stavano manifestando contro di me, fissandomi e distogliendo prontamente lo sguardo. Su Facebook Roberto, quando mi feci sentire per congratularmi dell'esibizione patavina, ebbe il coraggio di insultarmi e di definirmi malato in quanto omosessuale. Che amico!
Roberto lo trovai a vegliare anche in altre città. A quanto pare la lotta contro i froci come me (suo ex amico sincero a cui deve pranzi, cene e tanta tanta benzina) lo coinvolge e lo anima tantissimo. Addirittura le trasferte! Sant'iddio, l'omofobia in trasferta vale doppio!
Cosa ci insegna la storia di Roberto? Se credete che tra le sentinelle ci siano solo fascisti vi sbagliate. Ci sono anche dei Giuda Escariota del nuovo millennio. Tra le sentinelle potreste scorgere persone che credevate importanti, che credevate amiche. Guardatevi le spalle.


Alessandro Pinarello
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