Mika risponde agli insulti omofobi apparsi sui manifesti a Firenze


È dalle pagine del Corriere della Sera che il cantante Mika ha spiegato la sua decisione di rompere il silenzio dopo la comparsa di insulti omofobi sui manifesti del suo concerto di Firenze. Racconta come il suo primo istinto sia stato quello di «non dire niente a nessuno, non replicare, non muovermi» ma poi è giunta la consapevolezza che «rifiutando di riconoscere gli insulti avrei commesso un errore».
Nonostante il successo planetario, la prima reazione dinnanzi a vili indulti che giudicano una persona per il suo orientamento sessuale e non per il suo operato è stata quella più comune: «Quando ho visto su Instagram la foto del poster di Firenze con la mia faccia imbrattata, mi sono sentito triste, umiliato». Poi «i fan hanno iniziato a parlarne, gli amici a scrivermi messaggi. E mi sono reso conto che la mia prima reazione era ancora quella di un tempo, quella di una persona molto giovane che si sentiva impotente [...] A scuola ero così, inerme. Se allora avessi risposto mi avrebbero picchiato e non avrei ottenuto altro che tornare a casa con un livido in faccia. So che cos'è il bullismo, mi venivano addosso. Per razzismo, per il fatto che mia madre era grassa o perché in quel periodo avevamo problemi di soldi. Soprattutto, l'80 per cento delle volte, per la mia sessualità».
Ora però le cose sono cambiate e Mika sa di poter contare sull'appoggio dei suoi fan: «Mi sono reso conto che c'era sì la mia risposta automatica, ma che adesso io sono in una posizione di privilegio: sono in tour, sono libero e sono circondato da persone libere, ho il mio mondo per fare quello in cui credo e suscitare tolleranza attraverso la musica, i miei concerti. È un lusso enorme [...] Rifiutando di riconoscere gli insulti, avrei commesso un errore: avrei dimenticato il tredicenne che sono stato e avrei fatto male alle persone che non hanno quel lusso e quel privilegio».
Perché, checché ne dica chi ha la faccia tosta di scendere in piazza dicendo di voler "difendere" i bambini attraverso l'alimentazione dell'odio verso una parte di essi (ossia quelli che loro considerano immeritevoli perché diversi da loro), l'omofobia danneggia tutti e bisogna difendere i ragazzi lgbt da chi vuole negare loro la felicità.
Da qui il cantante si pone una domanda: «Se ti offendono è giusto trasformare un insulto –che un insulto resta– in un bandiera? Sì, finché questo provoca una discussione costruttiva, finché aiuta le persone a riflettere su comune un epiteto malpensato e superficiale possa far sentire gli altri. Ma quella parola è comunque un ferita. È ancora molto forte, ha un sacco di implicazioni negative e può far male. Non accettiamola come normale. Ma non facciamo più finta che non esiste: sarebbe molto più pericoloso».
2 commenti