Proposto un referendum per abrogare il contrasto al femminicidio e alla violenza di genere


Sulla Gazzetta Ufficiale del 27 agosto è stato pubblicato un annuncio della Corte di Cassazione la richiesta di un referendum popolare avanzata da «undici cittadini italiani» in cui si chiede l'abrogazione dei punti della riforma scolastica in cui si chiede la prevenzione della violenza e delle discriminazioni di genere:

Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970, n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte suprema di cassazione, in data 26 agosto 2015, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da 11 cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall'art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito: "Volete voi che sia abrogato il comma 16 dell'art. 1 della Legge 13 luglio 2015, n. 107 ("Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti"), limitatamente alle parole "di genere" e "al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013"?

Le parole in questione sono state state vittima di innumerevoli strumentalizzazioni da parte dall'integralismo, con Mario Adinolfi, Gianfranco Amato e la Manif pour tous Italia in prima fila nel sostenere che la presenza della parola «genere» sottintendesse l'introduzione nelle scuole della fantomatica «ideologia gender» da loro stessi ideata ed attribuita ad altri. Se di certo non è facile introdurre ciò che neppure esiste, è l'italiano a suggerirci che nel caso specifico il soggetto della frase non sia il genere ma la violenza.
Il testo, infatti, prevede che il Piano dell'offerta formativa debba assicurare il rispetto dei principi di pari opportunità e debba promuovere «la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni».
Inoltre gli undici firmatari della richiesta chiedono sia eliminato dal testo il riferimento al decreto Femminicidio, approvato nel 2013.

C'è ora da temere che i vari Mario Adinolfi, Gianfranco Amato, Toni Brandi, Filippo Savarese e Riccardo Cascioli possano indirizzare tutta la disinformazione e la campagna d'odio condotta negli ultimi mesi a sostegno di un referendum che di fatto legittimerebbe la violenza verso i ragazzi lgbt. Alla luce della proposta, infatti, trova ad esempio un senso l'orribile articolo pubblicato qualche giorno fa da Gianfranco Amato su La Nuova Bussola Quotidiana, nel quale si suggeriva proprio la necessità di impedire ogni contrasto alla violenza di genere (peraltro sostenendo che fosse il Papa a chiederlo).
E se è pur vero che l'invito alla violenza non è esplicito, vien da sé che un divieto al contrasto della violenza non possa che portare ad incoraggiarla. È un po' come se si chiedesse la depenalizzazione dell'omicidio: magari non si dirà apertamente che si vuol vedere qualcuno morto, ma l'abolizione della pena toglierebbe ogni disincentivo e sarebbe inevitabile un'escalation di violenza.
Inoltre la legge punisce chi, avendone modo, non impedisce un crimine. Poco chiaro è perché mai nel caso dei gay tale regola non solo non debba valere, ma si arrivi a chiedere che sia lo stato ad impedire ogni intervento mentre i nostri ragazzi sono vittima di bullismo.

La Gazzetta Ufficiale riporta anche il domicilio indicato dai richiedenti, fissato presso lo studio un avvocato di Roma che risulta essere anche il responsabile della sede di Ostia di Forza Nuova.
2 commenti