L'intimidazione del governo all'Unar: procedimenti disciplinari per aver invitato la Meloni ad evitare generalizzaioni razziste


La vicenda ha avuto inizio una settimana fa, quando l'Ufficio anti-discriminazioni di Palazzo Chigi ha ha scritto una lettera che invitava Giorgia Meloni a moderare i toni sull'immigrazione. nel testo si leggeva che «Esaminando con attenzione il contenuto delle affermazioni attribuite a lei, quest'Ufficio [...] ritiene che una comunicazione basata su generalizzazioni e stereotipi non favorisca un sollecito ed adeguato processo di integrazione e coesione sociale [...] Si coglie l'occasione per chiedere di voler considerare per il futuro l'opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore».
Quel richiamo ha mandato su tutta la furie la meloni che ha immediatamente rivendicato il suo presundto diritto a poter utilizzare la sua carica istituzionale per riversare odio in cambio di visibilità politi. «Io sono un parlamentare regolarmente eletta da alcuni cittadini italiani per sostenere le proprie opinioni politiche, ma prima ancora sono una cittadina italiana, e desidero affermare il mio punto di vista senza incorrere in censure governative» ha detto la leader di Fratelli d'Italia. Ed ancora: «apprendo solo ora che l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, regolarmente finanziato dallo Stato con le tasse degli italiani, ha il ruolo di censurare le dichiarazioni rese dalle persone e dai membri del Parlamento italiano. Ne sono sconvolta».

Ma a quanto pare non è bastata la visibilità mediatica ottenuta con il vittimismo di chi arroga il diritto di poter sfruttare un ruolo istituzionale per danneggiare la vita e la dignità degli immigrati, ed è così che in una nota di Arcigay, Flavio Romani denuncia come il governo abbia avviato procedimento disciplinare contro il direttore dell'Unar:

Abbiamo appreso dalla stampa dell'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di Marco De Giorgi, direttore di Unar, l'Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali. Il procedimento sarebbe stato avviato da Palazzo Chigi per sanzionare la lettera che De Giorgi, nell'esercizio delle proprie funzioni, aveva inviato all'on. Giorgia Meloni, invitandola a evitare toni e messaggi apertamente discriminatori nelle sue esternazioni pubbliche. Va chiarito che il messaggio che l'Unar andava a censurare, pubblicato sulla bacheca Facebook della parlamentare, esortava a fermare il flusso migratorio dei popoli musulmani, in quanto portatori di cellule terroriste. La parlamentare argomentava che a lei non risultavano casi di terrorismo legati ad altre culture o provenienze geografiche. Il messaggio che Unar ha recapitato all'onorevole Meloni conteneva semplicemente l'invito a «volere considerare per il futuro, l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore».
La spropositata protesta della parlamentare, immediatamente ricevuta dal premier, ha fatto sì che fosse aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore di Unar e su molti giornali è iniziata a circolare la notizia dell'imminente rimozione del funzionario pubblico. A noi tutta questa storia sembra sconcertante, nel metodo e nel merito. Innanzitutto, vogliamo trasmettere la nostra piena solidarietà al dottor De Giorgi, il cui compito, cioè tentare di contenere le derive razziste nel nostro Paese, è evidentemente molto più ostico di quanto ci immaginavamo, non solo perché l'Italia è un Paese razzista, ma anche perché chi la governa non lo riconosce nemmeno il razzismo, non ha il coraggio per denunciarlo e per responsabilizzarsene e soprattutto non perde occasione per esibire privilegi di casta, che a pieno appartengono al paradigma della cultura discriminatoria. Nel merito ci teniamo a dire che troppo prudente ci era sembrato il richiamo dell'Unar all'onorevole Meloni, che esibiva non solo il più primitivo dei ragionamenti sulle migrazioni, incitando ad una spudorata discriminazione per credo religioso, ma anche argomenti che metterebbero in imbarazzo perfino gli studenti e le studentesse di una qualsiasi scuola media, che forse potrebbero raccontare all'onorevole Meloni e al premier Renzi fenomeni come la mafia oppure i nostri anni di piombo, quelli delle stragi, e passare in rassegna le convinzioni religiose di chi ha sterminato innocenti nel nostro Paese. A Meloni e Renzi bisognerebbe ricordare il pionierismo italiano in tema di malavita e strategie del terrore, il modo in cui questi sistemi ancora oggi si spartiscono il potere con la politica, l'abbondanza con cui li abbiamo esportati in tutto il mondo. Siamo poi impalliditi nel vedere l'onorevole Meloni protestare imbavagliata denunciando un atto di "regime": la disinvoltura con cui una parlamentare della destra peggiore, leader di un partito in cui qualche militante sfoggia ancora il saluto romano, usa parole che dovrebbe stare in realtà molto attenta ad evitare, ci ha lasciati assolutamente interdetti. E oggi è con grande rabbia e incredulità che apprendiamo del modo in cui il premier avrebbe recepito questa protesta e deciso di sostenerla deformando a suo comodo la Costituzione e esercitando biecamente il potere. In un Paese che tutti i giorni, attraverso studi, statistiche e cronache, scopriamo essere sempre più razzista, omofobo, transfobico, sessista, in cui non esistono norme efficaci e strategie politiche credibili contro crimini e parole d'odio, questa notizia è il più clamoroso autogol che il Governo avrebbe mai potuto fare. Per quanto questa storia ci sembra assurda e squallida, ci auguriamo di leggere nelle prossime ore l'opportuna smentita del premier.
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