Avvenire torna a sostenere che le famiglie gay non debbano essere riconosciute come tali


Continua senza sosta la battaglia di Avvenire contro i diritti dei figli degli eterosessuali. Ancora una volta il quotidiano dei vescovi è tornato a sostenere che le tutele dei minori abbiano un valore solo nel caso in cui abbiano genitori eterosessuali, sostenendo così che sia l'eterosessualità e non i legami interpersonali a creare una famiglia. Ciò porta inevitabilmente a dover pensare che una famiglia dove un uomo etero picchia la moglie etero e abusa della famiglia sia meritevole di tutele, una famiglia omogenitoriale basata sul reciproco amore e rispetto sia da condannare per l'assenza di un orientamento sessuale gradito al vaticano.

Utilizzando un sistema propagandistico già noto ai tempi del fascismo, Avvenire tenta di far passare l'idea che la maggioranza degli italiani sia contraria di diritti delle minoranze, sostenendo che «il fronte anti-adozione» sia in continua espansione.
Ciò mostrerebbe anche il perché di una campagna mediatica basata su menzogne e mistificazioni, tant'è che lo stesso giornale dei vescovi passa il suo tempo a parlare di adozioni e maternità surrogate nonostante entrambi i temi siano completamente estranei al disegno di legge ora in discussione. Il ddl Cirinnà non permetterà mai a due gay di poter adottare un bambino bisognoso, ma si limita a garantire diritti a chi già oggi ha due pari e due madri. Eppure si parla d'altro nella speranza di far leva sui pregiudizi.

Il quotidiano si è così rivolto a Lorenza Violini, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, per spiegare come mai la stepchild adoption debba essere vietata. E caso vuole che non si citino mai i diritti dei bambini, ma solo la volontà di considerare inferiori le famiglie gay . L'uomo afferma infatti che «la stepchild adoption in Italia già esiste, ma solo in presenza di una famiglia fondata sul matrimonio». Lorenza Violini, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, mette ordine nel dibattito sulla responsabilità genitoriale così come delineata dal ddl Cirinnà. Perché non tutto può essere messo in discussione: il nostro Stato si fonda su una Carta fondamentale, e nuove leggi contrarie ai suoi principi non possono validamente operare». Aggiunge poi come lo scopo dell'ordinamento vigente sia quello di «preservare l'unità familiare, nel caso in cui siano venuti meno un padre o una madre e il superstite abbia contratto un nuovo matrimonio. Sarebbe abnorme pensare a una famiglia nella quale i doveri genitoriali fossero solo da una parte».
Ma è nella spiegazione del suo dissenso dinnanzi all'eguaglianza di diritti per le coppie gay che esce tutta l'ideologia che si nasconde dietro all'intero ragionamento. Il professore dice infatti che il ddl Cirinnà vorrebbe estendere questa possibilità anche alle coppie dello stesso sesso, ma «se così fosse, alla coppia omosessuale si riconoscerebbe implicitamente la stessa natura di famiglia quando invece i padri costituenti e la stessa Consulta hanno riconosciuto come tale solo la coppia etero fondata sul matrimonio».
Ovviamente è molto opinabile il suo sostenere che la Consulta o la Costituzione ritengano che l'eterosessualità sia il fondamento su cui si basa la famiglia, eppure esprime chiaramente come l'unico obiettivo che si cerca di perseguire sia la discriminazione delle famiglie gay e la volontà di non riconoscerle come tali.

In tutto questo la vera domanda è una: davvero i vescovi hanno così poca fiducia nella famiglia da temere che la sua unione possa essere messa in difficoltà dai diritti altrui. davvero si pensa che un uomo sposi una donna solo perché lo stato vieta i matrimoni gay e che, in caso di diritti similari, tutti vorrebbero partner del proprio sesso anche contro il proprio orientamento sessuale?
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