ProVita: «Torneremo nelle catacombe se i gay australiani potranno sposarsi?»


Persino i sondaggi commissionati dai gruppo anti-gay rivelano come il 60% degli australiani siano a favore dei matrimoni fra persone dello stesso sesso, eppure ProVita pare essere a conoscenza di una realtà diversa. In un articolo l'associazione paventa l'ipotesi che i cristiani dovranno «tornare nelle catacombe» se non potranno imporre la propria ideologia integralista alla popolazione civile. Iniziano asserendo:

In Australia le Istituzioni finora hanno resistito alla pressione delle lobby LGBT che vogliono la legalizzazione del matrimonio gay.

Non paghi di aver sostenuto che il sentimento popolare debba essere etichettato come fantomatica lobby gay (un termine che appare inappropriato, a meno che il 60% degli australiano non sia gay e parte di quella fantomatica lobby), aggiungono:

Dato che anche lì, comunque , le lobby LGBT e gli interessi economici che le sostengono sono potenti, ci sarà presto un referendum teso a introdurre il matrimonio gay.

Anche in questo caso la notizia non è vera, dato che il Senato ha bocciato il costoso plebiscito sul matrimonio egualitario, chiede invece un rapido voto entro la fine dell'anno (l'articolo di ProVita è datato 15 novembre mentre la decisione del senato è dell'11 novembre, ndr). Ma tralasciando come l'associazione stia proponendo informazioni non aggiornate, apprendiamo come pare suggeriscano che chi deve decidere non è il popolo ma la Chiesa Cattolica. Dicono:

La Chiesa cattolica australiana, però, non sta passiva a guardare e i Vescovi hanno inviato alle Diocesi una lettera pastorale che spiega la peculiare ricchezza e unicità del matrimonio, rispetto al quale il riconoscimento delle unioni omosessuali non potrà mai essere altro che un vano tentativo di negare la differenza radicale e oggettiva che c’è tra una coppia M/F e una coppia M/M o F/F.

Si passa così a sostenere che chi si batte per uguale dignità debba essere considerato un nazista, lamentando come osino cercare di far valere i propri diritti anche se i cristiani integralisti hanno già detto che loro non sono disposti a concederglieli. Scrivono:

Intanto, però, la Gaystapo è subito passata all’azione: la “Commissione contro le Discriminazioni” della Tasmania, in Australia, ha richiamato tutti i Vescovi cattolici del Paese a partecipare ad una sorta di test per verificare il loro grado di omofobia.Li considerano infatti responsabili per aver umiliato gay, lesbiche e transessuali con la distribuzione di opuscoli a sostegno del matrimonio tra uomo e donna. chiunque comprenda l’inglese può leggere l’opuscolo che non umilia e non offende nessuno, ma rileva la verità… come quella che “le foglie sono verdi in estate”…

Il riferimento è un opuscolo con cui i Vescovi australiani sostengono che l'amore eterosessuale abbia un valore superiore di quello fra persone dello stesso tempo e che quindi sia meritevole di maggiori diritti e riconoscimenti. Una tesi sposata dall'associazione di Branci, che aggiunge:

Varie chiese cristiane, oltre a quella Cattolica, hanno espresso il timore che la libertà di religione e di parola sarà calpestata se si ammetterà il matrimonio gay, visto che non è già possibile esprimere il proprio dissenso rispetto a un tale istituto antisociale.

Peccato che l'Australia, come l'Italia, siano stati laici in cui ogni cittadino ha dei diritti indipendentemente da ciò che una confessione religiosa (o una parte più integralista di essa) sostenga sia un volere divino. L'asserire che la propria libertà debba valere più di quella altrui è pericoloso, dato che si finirebbe con il conferire ad un gruppo di persone la possibilità di poter limitare la libertà altrui.
Poco chiaro è anche il loro sostenere che i cristiani saranno costretti a ternare a nascondersi qualora i gay australiano veda riconosciuto il loro diritto al riconoscimento delle proprie unioni. Una fra le ipotesi è che si stia cercando di fomentare l'idea che sia necessario uno scontro frontale fra culture, nel tentativo di imporre con la forza la propria ideologia e i propri valori. Eppure la strage di Parigi ci ha ben ricordato quali siano gli effetti devastati di una simile contrapposizione.
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