Tempi, le stragi di Parigi e l'omosessualità


Da giorni e giorni il settimanale Tempi sta sfruttando le stragi di Parigi per sostenere le tesi più disparate, spesso unendo paura e fanatismo religioso al fine di portare consensi alla propria ideologia politica. Già, perché quando si trova un collegamento fra quanto avvenuto in Francia e la legge Cirinnà, quando si sostiene che i diritti dei gay provochino le stragi terroristiche o quando si dice che Dio approva la guerra, l'impressione è di essere dinnanzi a chi sta cavalcando una tragedia.

Si è partiti con il parlare di di quella che loro chiamano «la profezia di Girard». Dicono che «Girard aveva previsto tutto, nel 2007, nel suo ultimo libro, Portando Clausewitz all'estremo. Un libro sull'apocalisse annunciata nei vangeli, decodificata nella storia della violenza umana eccitata dal rifiuto della rivelazione cristiana».
Su quale sarebbe la loro concezione di rivelazione cristiana paiono esserci pochi dubbi, dato che a raccontarla hanno chiamato padre Kamai, un rettore di un seminario nigeriano. Al sacerdote è stato chiesto un commento sulle stragi di Parigi e, in tutta risposta, pare non avere dubbi nell'asserire che: «Non è un problema di decidere se fare la guerra: la guerra, come ha detto il Santo Padre, c'è già. La "terza guerra mondiale" è già in atto. Ripeto, mi meraviglio che l’Occidente non se ne renda ancora conto».
Usati toni terroristici nel descrivere la situazione attuale, si passa a giustificare un attacco armato a fronte di un Vangelo che predica la necessità di porre l'altra guancia: «Noi non attacchiamo, ma se siamo attaccati -dice- abbiamo il dovere di difendere i doni di Dio. La vita, la creazione, l'amore non sono nostri e se vengono attaccati dobbiamo difenderli. Per questo la dottrina della Chiesa parla di “guerra giusta”. Questo non significa non amare il proprio vicino o non sconfiggere la paura e la diffidenza rispondendo ogni giorno con atti d’amore e mostrando la nostra fede».
Sarà, ma a ben guardare Gesù disse: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra». Anche in questo caso la persona percossa è stata attaccata, eppure non gli viene certo suggerito di dar vita ad una "guerra giusta".
A far riflettere sono anche i passaggi in cui si sostiene che «la Chiesa si costruisce con il sangue dei martiri» o che «Lui ci ha mostrato che questa è la via per la vittoria e Gesù non ci inganna. E anche se moriamo non ho paura perché gli credo». Tecnicamente sono le stesse premesse con cui i kamikaze si fanno saltare in aria, convinti che il martirio nel nome della Shari'a possa garantire loro un posto alla destra di Allah.
L'unica attenuante è che in questo contesto Kamai non fa riferimenti a possibili azioni di aggressione, anche se la sua legittimazione di un attacco armato rischia di creare un'ombra riguardo a quale sia la sua idea di martirio.

Si passa così a sostenere che la colpa sia dei gay e di tutti quei cristiani che accettano la loro esistenza senza reagire e senza tentare di negare i loro diritti. Ed è così che sacerdote nigeriano aggiunge:

Infatti il problema non è sola la miopia che non vi fa vedere i migliaia di musulmani in Europa pronti a farsi esplodere, ma la vostra tiepidezza. Accettate l'aborto, l'omosessualità, l'eutanasia, senza reagire. Chi non combatte contro queste cose è un cristiano solo di nome, perché Dio ci ha detto che il suo progetto è quello dell’uomo e la donna che si uniscono e generano la vita. Quindi essere cristiani in questo mondo non può evitarci di andare controcorrente. Gesù ci ha detto di condannare il male e di non temere: ha chiamato beati i perseguitati a causa della giustizia, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

A trovare curiosi paralleli fra le stragi di Parigi e i diritti della comunità lgbt è anche Alfredo Mantovano, autore di un articolo in cui si punta il dito direttamente contro il ddl Cirinnà. Lamentando come alcuni studenti non abbiano preso come oro colato la sua opinione riguardo alla pericolosità delle droghe leggere, afferma:

Che c’entra con quel che è accaduto la sera intorno alla Senna? In apparenza nulla: se non che il corpo sociale che sta per impattare con l’aggressione delle frange islamiche più radicali – quelle che organizzano ed eseguono gli attentati e quelle che studiano una penetrazione meno devastante ma culturalmente più efficace – è attraversato da giovani, domani adulti, per i quali la priorità è la libertà di “farsi”. Spalleggiati da genitori che si preoccupano non delle nuvole di “fumo” che in orario scolastico escono dai bagni frequentati dai loro figli, ma del fatto che qualcuno osa discutere la salubrità di quel “fumo”. Mentre per i loro rappresentanti nelle istituzioni, parlamento e governo in testa, la priorità non è impedire che un corpo sociale cada in balìa del terrore, ma far passare la legge sui matrimoni e sulle adozioni gay: se non fosse così, con quel che è accaduto nel solo anno solare in corso, fra Charlie Hebdo, Copenaghen, Bruxelles, Tunisi, Beirut e il volo russo abbattuto a Sharm el-Sheik, e con i preoccupanti sviluppi delle indagini su cellule terroristiche nel territorio italiano, da ultimo intorno a Merano, gli ordini del giorno delle sedute delle Camere e dei Consigli dei ministri sarebbero stati densi di misure urgenti per fronteggiare e sconfiggere il terrorismo di matrice islamica. Invece siamo stati deliziati dalle dissertazioni sulla stepchild adoption.

Insomma, il governo deve occuparsi dei terroristi e non dei diritti dei cittadini. Ed infatti il 27 novembre Alfredo mantovano sarà relatore di un incontro pubblico nel quale parlerà dei motivi per cui reputa inaccettabile che i gay possano avere i medesimi diritti oggi riservati ai soli eterosessuali. Ehm... ma non era lui a dire che in questo momento bisogna parlare solo di terrorismo e non certo di unioni civili?

Intanto giunge notizia che la Russia, ossia una nazione che Tempi è solito dipingere come la patria della massima cristianità, ha sganciato bombe al fosforo bianco in zone abitate da civili attraverso ripetuti bombardamenti nel nord-ovest della Siria. Tanto basterebbe a capire che non c'è mai una "guerra giusta".
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