La Donazzan contro la professoressa trans: «Sono schifata, non deve più insegnare»


«Quando ho letto la lettera di questo genitore sono rimasta schifata e l’ho pubblicata subito sul mio profilo Facebook: credo che questo docente non dovrebbe più insegnare in una classe». È quanto dichiara Elena Donazzan, l'assessore all'Istruzione del Veneto che nei mesi scorsi si premurò di creare allarmismo scrivendo ad alunni e genitori riguardo a quella che lei sostiene sia «l'idologia gender».
Stando ai racconti della stampa locale, i fatti riguarderebbero un professore di fisica di un istituto agrario di San Donà di Piave che, una volta riconfermato come professore di ruolo, si sarebbe presentato in classe vestito da donna. Ai ragazzi avrebbe spiegato che «bisogna correre perché siamo indietro anni luce rispetto ai paesi avanzati nei diritti umani per le persone trans, non concordo col procedere a piccoli passi».

Il fatto avrebbe mandato su tutte le furie un genitore, autore della lettera citata dalla Donazzan. Sostenendo che alcuni alunni si siano sentiti male alla vista di una transessuale (fatto che ricorre in ogni racconto dell'integralismo cattolico, al punto da mettere ragionevolmente in dubbio la veridicità del racconto stesso), ha tuonato:

Nessuno era al corrente del fatto, i genitori non erano stati avvertiti, perfino i docenti non ne sapevano nulla. Lascio a lei immaginare i volti dei ragazzi, qualche risata certo c’è stata ma lo choc è stato più grande al punto che una ragazza di un’altra classe si è sentita male. A distanza di un giorno nessuno della dirigenza scolastica è intervenuto con nessuno. Non se ne sa nulla.

Per sua stessa ammissione, la Donazzan avrebbe pubblicato su Facebook la lettera del genitore senza neppure premurarsi di verificare i fatti, minacciando provvedimento contro il professore anche se già esclusi dato che non sarebbero state violate norme.
E come se ciò non bastasse, ha aggiunto: «Io rispetto la libertà e gli orientamenti sessuali di tutti, purché restino nella propria sfera privata. Se uno vuole travestirsi da donna in casa sua o nella sua vita privata ritengo non debba dare giustificazione alcuna ed è libero di farlo in ogni momento. In questo caso stiamo parlando invece di una scuola, un luogo pubblico per eccellenza, dove i ragazzi vengono formati per diventare i cittadini di domani».
Tanto basta a notare la gravità del fatto, dato che a dir poco vergognoso che una assessore all'istruzione non sappia qual è la differenza fra orientamento sessuale ed identità di genere. Il solo fatto che parli di una transessuale in termini di orientamento sessuale, la dice lunga sulla scarsa conoscenza del tema che sta provvedendo ad utilizzare a mo' di campagna elettorale. Eppure la donna ha proseguito imperterrita nel sostenere: «Ci troviamo di fronte a un vero e proprio esibizionista, una persona che dimostra con questo comportamento di non avere alcun equilibrio. Si è presentato indossando una minigonna, una parrucca. Gli studenti che lo hanno visto arrivare improvvisamente in classe e in queste condizioni, sono rimasti sotto choc. Neppure io, che sono una donna, indosso la minigonna nella mia veste e nel mio incarico di assessore regionale, perché è giusto avere un contegno. Ora contatterò immediatamente la direzione regionale della pubblica istruzione perché prenda provvedimenti immediati. Questa persona non è adatta all’insegnamento e sono necessari dei provvedimenti disciplinari nei suoi confronti».
E dato che al peggio non c'è mai fine, nella giornata di oggi la rai ha utilizzato i soldi del canone per ospitare in studio Mario Adinolfi e chiedergli un commento sulla vicenda.

Più composto è il commento di Mattia Galdiolo (Arcigay Tralaltro Padova) che spiega: «Cloe come molte altre donne e uomini transessuali di questo Paese non chiede e non impone nulla se non il rispetto per la propria identità, rispetto che a tutti è dovuto. Parlare di trauma per la sola presenza di una persona transessuale in una classe è prova d’ignoranza».
Dello stesso avviso è anche Camilla Seibezzi, delegata ai diritti civili a Venezia durante la giunta Orsoni, che aggiunge: «L’accaduto dimostra una volta di più come sia importante che la scuola si occupi di educare gli alunni alle diverse espressioni dell’identità di genere un percorso prima viene affrontato meglio educa al rispetto di ogni essere umano. È la conoscenza che permette al professore di sentirsi libero di essere Cloe e agli studenti di accogliere il cambiamento con serenità».
Il Corriere della Sera riporta anche un parere espresso dal genitore di un altro studente di quella classe, il quale ha un'opinione molto diversa da quella della Donazzan : «Mia figlia è arrivata lo stesso giorno da me dicendomi la stessa cosa, ed io le ho spiegato che il coraggio della sua professoressa e dello stesso preside dovrebbero averlo in molti. Non capisco quale atto abbia fatto sconvolgere così tanto quel genitore: suo figlio ora apprenderà qualcosa di più dalla scuola, ovvero che in questo mondo siamo persone e non etichette».

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Nella foto Elena Donazzan sul set del collegamento televisivo con "La vita in diretta" in occasione della visibilità mediatica che Rai le ha offerto proprio in relazione al fatto. Ovviamente senza alcun contraddittorio da parte della persona che l'assessore ha messo sul banco degli imputati a causa di una identità di genere a lei poco gradita.
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