L'associazione Anddos lancia un nuovo numero verde anti-violenza dedicato alle persone lgbt


È ufficialmente attivo il nuovo numero verde 800 864630, un servizio disponibile su tutto il territorio nazionale che offre assistenza e consulenza gratuita alle persone lgbt vittime di violenza. Il servizio andrà ad affiancare i Centri Anti Violenza che l'associazione Anddos ha già attivato ad inizio anno a Roma, Pescara e L'Aquila.
«Riteniamo necessario intervenire a 360 gradi sul piano dell'assistenza professionale e dell'informazione, con strumenti in grado di intercettare chi si trova in situazioni di violenza e fragilità psicologica –ha spiegato il presidente nazionale Mario Marco Canale- abbiamo lanciato il numero verde dei Centri Antiviolenza ANDDOS, attivo dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 18, per interloquire direttamente con le persone e attivare subito i nostri professionisti che prestano assistenza legale, psicologica e medica».
Contestualmente è stata presentata anche la relazione sul primo anno del portale di assistenza diretta One Question per poter porre anonimamente qualsiasi domanda riguardi la sessualità, salute, relazioni, famiglia ed aspetti legali, alle quali vengono garantite risposte veloci e professionali.

L'avvocato Francesca Di Muzio e Antonio Bubici sottolineano anche come «la problematica della violenza domestica è un fenomeno che riguarda anche la comunità lgbti. Gli studi e le ricerche sul tema hanno evidenziato come sia presente anche all'interno delle relazioni lgbti. A tal fine occorre esaminare quali strumenti l'ordinamento giuridico pone a tutela delle persone lgbti che subiscono violenza, mutuando la protezione dalle norme del codice penale e di procedura penale, nonché dalle disposizioni introdotte dal cosiddetto decreto femminicidio».
Lo psicologo e psicoterapeuta Danilo Musso aggiunge che «gli studi e ricerche sin oggi effettuati, prevalentemente nei Paesi Anglosassoni, hanno evidenziato come tale fenomeno non sia molto dissimile dal più studiato fenomeno della Violenza di genere. Partendo dal presupposto che il nucleo centrale della violenza è costituito dal bisogno di controllo e dall'esercizio del potere che un partner desidera esercitare sull'altro, tale presupposto prescinde sia dal genere biologico che dall'orientamento sessuale».
Ad aggiungere altri elementi al dibattito è il dottor Stefano Burattini, il quale sottolinea come le «persone appartenenti alla comunità lgbt hanno una probabilità molto alta di poter soffrire nell’arco della loro vita di esperienze di discriminazione omofobica. Alcune di esse derivano da fattori culturali e sociali, altre avvengono nel contesto delle relazioni significative o in quelle lavorative, e tutte determinano l’interiorizzazione di atteggiamenti negativi verso di sé. A ciò si aggiungono esperienze di bullismo e aggressione omofobica nel determinare un importante elemento di stress continuativo. Se non adeguatamente contrastato il minority stress può avere un grave impatto sulla salute psichica, fisica e sulla vita di relazione, con esiti anche letali dove non ci siano supporto e protezione sufficienti».
Chiude il cerchio Tullio Bonelli, asserendo che «essere vittima di violenza significa subire situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo, spesso con intensità crescente ed in forme che possono essere non solo di violenza fisica, ma anche sessuale, psicologica ed economica. Questa sedimentazione graduale della violenza subita, assieme ad altri fattori, porta spesso la persona verso una sorta di adeguamento alla situazione con scarsa, se non inesistente, percezione della violenza stessa. Laddove la percezione della violenza sia invece presente spesso viene vissuta in solitudine e con grande sofferenza da parte del soggetto, che da solo cerca di uscire da questa spirale ma con scarsi risultati, dovuti al mancato supporto di professionisti che avrebbero potuto aiutarlo».
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