L'integralismo si sente perseguitato perché non si tace su chi vuole uccidere il Papa o "curare" i gay


La paura è uno strumento che permette di ottenere il controllo delle persone. Ed è così che l'integralismo cattolico sta facendo di tutto per spaventare i bigotti: si sono inventati la fantomatica «ideologia gender», dicono che i diritti altrui siano una minaccia per i propri figli, utilizzano termini sempre più violenti per inculcare paura. E non pare neppure che lo facciano per fede (sempre ammesso che credano davvero in Dio) dato che le loro tesi finiscono sempre con il legittimare qualcosa di assai più terreno e meno spirituale: quella paura viene sempre orientata a chiedere voti per partiti politici di estrema destra, quasi come se neonazismo e cattolicesimo fossero sinonimi.
In questo quadro non stupisce come La nuova Bussola Quotidiana abbia deciso di istigare la paura nell'affermare: «Finirà così: che verranno a prenderci mentre preghiamo con le candele accese al buio mentre le porte della chiesa sono sprangate». Precisa poi che essere cristiani vuol dire opprimere gay e islamici, imponendo con forza la propria (presunta) fede brandendo la croce come un'arma dato che «qui non è un problema di libertà religiosa, ma di temperatura della fede: deve essere tiepida, né troppo accalorata, che guasta i manovratori, né troppo fredda, sennò il buonismo ne risentirebbe. Ci vuole una fede alla monsignor Cipolla, neo vescovo di Padova che per il dialogo con i musulmani sarebbe disposto a gettare alle ortiche le tradizioni cattoliche. Non ci vuole certo la fede di quei vescovi e preti che difendono dottrina, consuetudini, tradizione e magistero».
Accusati quei vescovi meno integralisti, si passa a beatificare che ha fatto dell'odio un motivo di vita. Sostengono che «due casi emblematici che hanno come protagonisti due vescovi. Sono accaduti entrambi in Emilia Romagna, regione dove è più facile contare su forze politiche e sociali laiciste e anticattoliche, che alla bisogna portano acqua al progetto di riduzione della fede a accessorio neutrale». Da notare come si passi subito al sostenere che il problema sia la sinistra, suggerendo non troppo velatamente di votare l'estrema destra (giusto per essere certi che appoggerà lo sterminio degli islamici, il respingimento dei profughi o la repressione di chiunque non abbia un orientamento eterosessuale).

Il primo caso presentato è quello del vescovo ciellino Luigi Negri, difeso a spada tratta per essersi augurato che il Papa possa morire assassinato. L'articolo sostiene che quelle posizioni fossero del tutto lecite dato che Negri avrebbe semplicemente «espresso delle sue valutazioni personali sull'operato di questo Papa». Evidentemente poco importa se si sia augurato la sua morte per cause non naturali, dato la Nuova Bussola Quotidiana non ha dubbi nel ritenere che quella notizia non avrebbe mai dovuto finire sui giornali perché «le norme deontologiche del nostro mestiere sono molto chiare circa la mancata osservanza della regola aurea che impone ad ogni giornalista di identificarsi di fronte a qualunque interlocutore. Ma queste regole sono state bellamente bypassate nel nome di un falso diritto di cronaca».
La tesi è dunque che il giornalista che ha udito quelle frasi sarebbe dovuto andare da Negri e identificarsi, chiedendo se poteva pubblicare o meno le sue parole. Una prassi che impedirebbe qualsiasi tipo di inchiesta (si tenga comunque presente che il diritto di replica è stato pienamente garantito).
Ma non solo. Quello stesso giornale che istiga all'odio verso la comunità gay attraverso l'attribuirgli la responsabilità di qualunque parola venga detta nel mondo da chiunque condivida lo stesso orientamento sessuale, ora sostiene che «resta un dato di fatto: un vescovo è stato umiliato nel suo privato mentre parlava». Sarà, ma se nel bel mezzo di un treno mi metto ad urlare che mi auguro che il Papa possa essere ucciso, le affermazioni pronunciate dinnanzi a testimoni in un luogo pubblico non appaiono così private. L'impressione è invece che qui si chieda l'impunità per i vescovi, ma solo per quelli integralisti che fanno parte di lobby ben precise.

Il secondo punto è un attacco a chi osa chiedere che la Chiesa la smetta di cercare di "curare" i gay attraverso azioni che spesso conducono ad autolesionismo e suicidi le vittime. Ma forse ritenendo che la vita di un gay non valga nulla a fronte della possibilità di vederli soffrire nel nome del pregiudizio, La Nuova Bussola Quotidiana lamenta che «il settimanale l'Espresso ha infiltrato un cronista in una riunione a Torino dell'associazione Courage» e, sempre secondo il sito integralista, ciò sarebbe stato fatto «con grande sprezzo delle regole: il cronista si finge omosessuale, chiede di partecipare, ascolta, racconta una storia inventata, carpisce le reazioni degli interlocutori e poi le pubblica sul giornale per dimostrare la tesi che questa associazione, ospitata in tre diocesi italiane, Roma, Torino e Reggio Emilia e presto Milano, è omofoba e omofoba è la Chiesa che li ospita».
Insomma, il fatto che ad essersi presentato a quelle riunioni sia stato un giornalista e non una persona in difficoltà che potesse essere indirizzato verso l'autolesionismo li ha infastiditi. Ovviamente citano il vescovo che ha organizzato quel vergognoso incontro come prova del fatto che non ci sia nulla di male nel cercare di annullare la vita dei gay, anche se sarebbe come chiamare un boss mafioso a chiedere conferma che i suoi scagnozzi non abbiano fatto nulla di male. A meno che non si chiami in causa una persona estranea ai fatti, quel processo comunicativo appare molto scorretto.
Ma dato che al peggio non c'è mai fine, l'articolo aggiunge: «Ovviamente, solo alcuni temerari hanno espresso solidarietà pubblica al vescovo di Reggio Emilia. Noi lo facciamo qui, in questa denuncia che ci riguarda come giornalisti impegnati nel raccontare la vita della Chiesa utilizzando come strumenti la nostra coscienza e le regole del rispetto umano».
No, non è una frase di un giornale satirico ma è un redattore di quella testata integralista ad aver davvero avuto il coraggio di sostenere che loro si preoccupino del «rispetto umano».

Qualora non fosse sufficientemente chiaro che i vescovi integralisti non devono essere toccati, l'articolo si chiude asserendo: «Ci sono carriere politiche ed ecclesiastiche che hanno preso il volo con queste regole d'ingaggio. Ma questa deriva oggi è troppo naif, serve uno scatto ulteriore. Serve un'invasione nel privato perché il pericolo è troppo elevato. Così, se da un lato celebriamo il Giubileo della Misericordia senza che un giornale pronunci la parola peccato, dall'altro assistiamo all'invasione della privacy per scopi rieducativi. Vietato dire cose sconvenienti nel chiuso delle stanze perché vi verremo a stanare anche lì. E non useremo come la Stasi le cimici nascoste sotto i lampadari, ma useremo come forza d'urto la stampa, che attraverso versioni mediatiche consolidate, ma mai verificate, saprà correggere questi pastori così poco inclini a rispettare il padrone del vapore. É un clima che va denunciato, perché se anche i vescovi devono sentirsi spiati in casa loro, allora vuol dire che non solo il fumo di Satana è entrato, ma anche le sue orecchie».
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