Secondo Avvenire, i gay non devono poter adottare perché discriminati (da loro)


Era prevedibile. L'ira dei vescovi si è abbattuta contro la sentenza emessa dalla Corte di Appello del Tribunale di Milano che ha riconosciuta l'adozione piena alle due madri di una bambina nata in Spagna.
Com'è noto, la Chiesa Cattolica avrebbe preferito che la piccola fosse resa orfana di una delle due donne che l'aveva cresciuta, sostenendo che al loro divorzio dovesse corrispondere una privazione dagli affetti per la piccola. Eppure, nonostante il caso sottolinei come la vittima di una simile decisione sarebbe stata solo la minore, è dalle pagine di Avvenire che i vescovi si lanciano in una lunga disquisizione volta a condannare la laicità si uno stato che non punisce i figli dei gay:

Non è soltanto una sentenza talmente creativa da risultare del tutto estranea al nostro ordinamento giudiziario. Non soltanto supera per portato ideologico il già assurdo disegno di legge Cirinnà. Non soltanto appare una prevaricazione del giudice sul legislatore. La sentenza resa nota l’altro ieri, con cui la Corte d’appello di Milano ha concesso l’adozione «piena e legittimante » di una ragazzina dodicenne alla compagna 'divorziata' di una donna che aveva concepito in Spagna con la fecondazione eterologa, apre una serie di questioni preoccupanti, in cui il profilo giuridico si intreccia con quello umano, etico, educativo e culturale. Tra le altre questioni, quella del riconoscimento delle proprie origini biologiche potrebbe sembrare marginale solo a chi ignora la sofferenza profonda suscitata dal fatto di non avere consapevolezza del proprio passato familiare. Se è vero, come riconoscono studi psicologici di diversa estrazione culturale, che le radici biologiche materne e paterne sono parte integrante dell’identità delle persona, esserne privi equivale spesso a uno smarrimento profondo che non di rado si trasforma in disagio patologico.

Ecco dunque che si sostiene che i figli dei gay abbiano disagi patologici (curiosamente non ravvisati in quelle coppie etero che ricorrono alla maternità surrogata in Russia, dove il cristianissimo Putin si premura di garantire che il nome della madre biologica non comparirà sull'atto di nascita).

Ma la follia viene rasentata nel proporre l'opinione di Paola Crestani, presidente del Centro italiano aiuti infanzia, che viene tirata in ballo per affermare che:

«Ma per quanto riguarda l’adozione internazionale –spiega– le coppie dello stesso sesso rischiano di rappresentare un problema in più per un bambino che arriva da un Paese lontano, già provato da situazioni molto difficili e spesso da varie sofferenze psico- fisiche». Non si tratta di una valutazione morale, ma di una scelta di opportunità che pone al centro l’interesse del minore. «Oggi i pregiudizi che circondano le coppie dello stesso sesso sono ancora così forti da rappresentare per un bambino in difficoltà un disagio aggiuntivo. E non ci sembra davvero il caso di prevederne altri per un minore che nella vita ha già sopportato tante difficoltà». Tornando al caso Milano, rimane l’inaccettabile contraddizione tra il lungo iter di verifiche e di controlli a cui sono sottoposti dal Tribunale dei minori i genitori eterosessuali che vogliono adottare un bambino e l’estrema celerità con cui la Corte d’appello ha deciso il caso delle due mamme 'divorziate'. Una discriminazione al contrario di cui non si sentiva davvero il bisogno.

Insomma, i gay non dovrebbero poter adottare figli perché vittime di pregiudizi. Peccato che quel pregiudizio venga generato e propagandato proprio da chi ora chiede che in nome di tale pregiudizi ai gay sia impedito di adottare. Insomma, è un cortocircuito in cui i vescovi paiono suggerire di voler difendere i bambini da quella violenza verbale di cui sono i primo responsabili, divenendo doppiamente carnefici di persone a loro poco gradite.
E quasi a voler sottolineare la disonestà intellettuale di una simile opinione, è bene ricordare come in passaggio fossero loro a sostenere l'esatto contrario. In occasione della discussione sulla legge contro l'omofobia, Avvenire negò che i gay italiano fossero discriminati e scrisse: «Nonostante ciò che alcuni continuano a sostenere, non esiste più in Italia, e da tempo, una "questione omosessuale"». Per la serie: neghiamo la discriminazione quando i gay devono essere tutelati dalle violenze, ma sosteniamo esista quando si tratta di negare i loro diritti.

Interessante è anche come paragonino l'adozione di una figlia che è nata e cresciuta con due madri con quella di due etero che vanno in un orfanotrofio a chiedere un figlio. Vien da sé che non sia la stessa cosa, dato che nel caso specifico era facilmente verificabile la modalità con cui le due donne avessero cresciuto per anni la figlia.
Inutile è anche tutta la loro lezione di morale sulla necessità di far conoscere ai bambini i genitori biologici, dato che quello non è un tema contenuto nella sentenza. L'alternativa era che una delle due madri venisse estromessa dalla vita della figlia, null'altro. Parlare di altro è come mettersi a disquisire sul sesso degli angeli a fronte di un caso che riguardava una situazione già in essere che poteva solo essere mantenuta o smantellata.
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