Ma Sacconi ha letto il testo del ddl Cirinnà?


Alle volte si ha l'impressione che alcuni nostri politici non abbiano manco letto il testo delle leggi che attaccano, altrimenti sarebbe difficile spiegarsi perché basino le loro trattazioni su argomenti esterni al tema. È il caso di Maurizio Sacconi (Ncd) che dai microfoni di Radio Rai 1 si è lanciato in una lunga disquisizione per spiegare la sua contrarierà alle unioni civili e alla stepchild adoption. Peccato che abbia parlato di altro.

Il politico ha dichiarato: «Io so che la grandissima maggioranza, se non la quasi totalità dei pedagogisti che ha sempre insegnato che è bene che il minore cresca nella complementarietà genitoriale, nella differenza genitoriale, di un padre e di una madre». Una tesi che non argomenta in alcun modo attraverso un qualche (presunto) studio, ma sostenendo: «Ha mai sentito di un soldato che morendo gridi: "Papà?". Mentre invece frequentemente invoca la mamma».
Orbene, ammesso che la speranza è che i figli dei gay non debbano morire tutti in battaglia, c'è da chiedersi che cosa c'entri la sua personale valutazione sulla capacità genitoriale altrui. Per rispetto delle verità andrebbe anche detto che la quasi totalità degli studi sostiene tesi diametralmente opposte da quelle che lui ha presentato, al punto che gli unici a dargli ragione sono quelli prodotti direttamente dalla Chiesa Cattolica (anche se già ampiamente contestati dalla comunità scientifica). Anche perché gli esperti dicono che è importante che ci siano dei ruoli, ma sia ininfluente il sesso biologico del genitore che li ricopre (tant'è che anche nelle famiglie eterosessuali non tutte le mamme sono uguali e non tutti i papà sono uguali).
Ma il vero tema è come l'argomentazione di Sacconi non abbia nulla a che vedere con i temi della norma. Le famiglie omogenitoriali già esistono e quei bambini hanno già dei genitori. Ammesso e non concesso che Sacconi non voglia stapparli dalle mani dei genitori per spedirli in orfanotrofio, il ddl Cirinnà si limita semplicemente a regolare alcuni aspetti e a garantire che entrambi i genitori possano offrire tutele ai minori. Se il ddl Cirinnà non passerà, quei bambini continueranno a vivere con due mamme e due papà e l'unica differenza sarà il negare loro delle tutele da parte di uno dei loro genitori.

E forse è lui stesso a sapere bene che quegli argomenti sono propagandistici e non inerenti alla realtà, dato che poi passa a sostenere che alcuni diritti non siano necessari: «Non credo debbano essere inventati falsi problemi -dice- come quello dell'accompagnamento a scuola, che è propri di qualunque convivente etero o omo, dello zio o perfino di una colf. E nel caso del dialogo con gli insegnati l'ha detto lei che può essere una persona delegata da chi ha la patria podestà».
Anche qui si è dinnanzi ad una semplificazione. Il problema non è che un genitore non biologico non possa accompagnare il figlio a scuola, è il fatto che non lo può fare se non c'è una delega. Non potrà intervenire se il piccolo si farà male e magari lo si porterà al pronto soccorso. Non si potrà assistere il minore se è stato male e bisogna farlo uscire prima dalle lezioni.
Facile è dire che basterebbe avere una delega e si può fare tutto ciò, ma chiedere una delega per poter fare qualcosa che riguarda il figlio è una violenza e una complicazione utile. Perché due eterosessuali che hanno avuto un figlio mediante maternità surrogata non devono avere tutte queste complicazioni mentre due gay che crescono un figlio nato in maniera naturale da una precedente relazione dovrebbero ritrovarsi a non poter compiere atti tipici della quotidianità?
La risposta è forse nella definizione che Sacconi riserva alle famiglie gay: «conventi». Già, perché pare proprio che il suo unico problema sia il cercare di negare che esista un rapporto affettivo che va al di là di un'amicizia o di una convivenza. Eppure l'esponente del Ncd arriva pure a paragonare quel rapporto di amore ad un rapporto fra un datore di lavoro e una colf, quasi come se le due cose potessero stare sullo stesso piano.

Sul finire Sacconi si lancia anche nel sostenere che «il punto divisivo è la genitorialità omosessuale, perché questa è la rivoluzione antropologica, questo significa mettere in discussione il concetto di famiglia. Che non può essere che quella orientata alla procreazione e io non credo che i figli debbano essere prodotti separatamente da una relazione affettiva naturale fra un uomo e una donna». Ed aggiunge: «questo lo dico nel nome dell'antropologia naturale». Peccato che la territorialità non sia in discussione in questa legge.
Più ideologico è invece il passaggio in cui sostiene: «Se noi sovvertiamo le basi della nostra società, se noi laceriamo la nazione perché la feriamo nel sentire comune, che in tutti i sondaggi risulta ancorato alla tradizione materiale e alla tradizione cristiana. Se noi introduciamo questa rivoluzione antropologica, io credo che il declino umano sarà accelerato».
Insomma, una parte del Paese non deve avere diritti se l'altra parte non vuole concederglieli. E tutto questo sostenendo che il diritto debba essere sottomesso ad un volere clericale, ma solo se si tratta di diritti che non riguardano gli eterosessuali (il senatore dice infatti di essere d'accordo con divorzio e aborto, forse proprio perché anche lui potrebbe averne bisogno).

Clicca qui per ascoltare l'intervento di Sacconi.
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