Maroni sostiene di voler difendere la Costituzione, ma la Costituzione dice cose diverse


«Sono stato attaccato duramente, persino minacciato dalle anime buone della doppia morale, solo per il fatto di aver schierato la Regione a difesa della famiglia così come riconosciuta dalla Costituzione italiana: una società naturale fondata sul matrimonio». È quanto dichiara Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, nel difendere l'uso di strutture istituzionali contro i diritti delle famiglie gay lombarde.
Maroni sostiene che «non possono essere equiparate alla famiglia, come sancito dalla Costituzione e come insegnano la nostra storia, cultura e tradizione. Io difendo questo, la nostra civiltà. Due persone dello stesso sesso vogliono stare insieme? Benissimo, ma non possono pensare di adottare un figlio. I bambini non possono avere "genitore 1" e "genitore 2", devono avere mamma e papà. Abbiamo inviato il gonfalone della Regione, così come hanno fatto la Regione del Veneto e la Regione Liguria. Io sarò a Roma a testimoniare la mia posizione, personale e da Governatore, a difesa della famiglia come stabilito dalla Costituzione italiana».
In realtà ben due sentenze dichiarano che la Costituzione non impone alcuna definizione al sesso dei coniugi, contenuti invece solo nel Codice Civile. Si parte così dalla spiacevole posizione in cui si debba contestare una posizione istituzionale in cui un Governatore si basa su una lettura ideologica della carta Comune, peraltro proponendola come una verità assoluta.
Qualora l'integralismo cattolico dovesse riuscire ad insinuare nella società quella facilità, ci troveremmo dover combattere contro i mulini a vento e contro una norma non scritta che quindi non potrà essere cambiata. Ed anche riguardo alla storia di è dinnanzi ad un falso storico, dato che sino all'800 persino le chiese celebravano matrimoni fra persone dello stesso sesso.
Altrettanto curiosa è l'improvvisa attenzione di Maroni per la Costituzione, una carte che calpestò quando si trattò di danneggiare gli immigrati o quando propose referendum populistici altamente incostituzionali. Pare dunque che la costituzione gli vada a genio solo quando reputa di poterla usare per discriminare, mai quando si tratta di garantire pari dignità al prossimo. Anzi, pur di colpire gli immigrati, mandò a quel paese persino i vescovi sostenendo che il suo compito non fosse quello di dar retta a loro. ma se si tratta di discriminare, ecco che i vescovi vanno benissimo e devono essere il faro della sua giunta.

A confermare come la posizione di Maroni sia molto personale, propagandistica e poco condivisa è il corro di proteste che si è levato dinnanzi alla sua presa di posizione contro parte delle famiglie che gli pagano lo stipendio. Umberto Ambrosoli, a nome del Patto Civico. ha tuonato: «Chiediamo un chiarimento politico e lo chiediamo con forza, disposti a disertare i lavori delle commissioni finché non sarà fatta chiarezza sull’utilizzo improprio della sede istituzionale, come consumatosi nelle sere scorse con la scritta luminosa ‘pubblicata’ sulla facciata. La sede istituzionale non è considerata dalla maggioranza la sede di tutti, ma quella di una sola parte politica: chi lo ha deciso? Secondo noi la responsabilità è di Maroni e anche di Cattaneo che, non reagendo all’imposizione della Giunta, l’ha avallata senza minimamente coinvolgere i rappresentanti delle forze politiche che vivono l'assemblea del Pirellone. Finché dunque non sarà chiarito almeno l’aspetto della vicenda che riguarda direttamente il ruolo del Consiglio rispetto alle ‘istruzioni’ della Giunta, non prenderemo parte ad alcuna attività nelle commissioni. Sosteniamo intanto l’iniziativa della vicepresidente Sara Valmaggi che si sta muovendo per ottenere spiegazioni definitive e ci prepariamo a presentare martedì prossimo in Aula un atto che chieda ufficialmente conto di quanto accaduto».
Gli ha fatto eco la vicepresidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi, che chiede «un chiarimento in merito all’iniziativa delle scritte luminose apparse a partire dal giorno 22 gennaio sul Palazzo Pirelli, sia rispetto all’uso strumentale del Palazzo, sede del Consiglio regionale, sia rispetto al danno di immagine che ne è derivato». Iardino (Pd) valuta anche possibili esposti: «La maggioranza leghista in Regione Lombardia non può utilizzare le strutture pubbliche per propri fini propagandistici. Stigmatizzo con forza l'iniziativa di scrivere, con le luci interne di Palazzo Pirelli la scritta "family day", per ricordare l'odiosa iniziativa che si terrà il prossimo week-end e che vorrebbe mantenere questo paese nell'oscurantismo medioevale dell'assenza di diritti per una larga fetta di cittadini. Valuterò coi miei legali se presentare un esposto alla magistratura per peculato, avendo il gruppo consigliare della Lega Nord in Regione Lombardia, utilizzato e speso soldi pubblici (quelli per l'illuminazione) a fini personali e propagandistici. La cosa sarebbe ulteriormente più grave se, come preannunciato, il Gonfalone della Regione dovesse essere portato in manifestazione. Anche in questo caso si configurerebbe un utilizzo improprio di risorse pubbliche».
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