Stechild adoption, parte lo sciacallaggio di Allenza Nazionale


«Stare dalla parte dei più deboli significa tutelare la famiglia quella vera! I bambini non sono un capriccio!». È quanto scrive Roberto Biffis di Alleanza Nazionale Treviso. In allegato una locandina firmata dal suo partito e da Gioventù Nazionale, nella quale si mostra un bambino con i suoi due papà. Il tutto accompagnato dalla scritta: «Lui non potrà mai dire mamma. I diritti da difendere sono quelli del bambini».

Tralasciando ogno osservazione sull'orrore di un partito politico pronto ad insultare e sfruttare l'immagine di un bambino per scopi meramente politici e propagandistici, difficile è capire anche la logica di un simile messaggio. È evidente che si voglia far leva sull'omofobia e sul sentimento di pancia dei camerati, ma il messaggio che viene lanciato appare assurdo anche solo soffermandosi a ragionarci per un secondo.
Quanti sono i bambini che non possono dire mamma perché loro madre se n'è andato con qualcun altro, è morta o non si interessa alla prole? Sono forse anche quelli dei bambini che devono essere puniti perché non hanno una famiglia come quella che loro sostengono sia l'unica a dover poter offrire tutele?
Ed esattamente, in che modo vorrebbero «difendere i diritti del bambino» nel chiedere che gli sia impedito di chiamare «papà» suo padre attraverso leggi volte a negargli ogni diritto all'assistenza, all'eredità, ai diritti sul genitore.
Che a loro piaccia o no, quella famiglia esiste. L'assenza di leggi non cambia nulla nel rapporto fra i genitori e loro figlio, ma priva il figlio del diritto a vedersi riconosciuti i suoi diritti nei confronti dei genitori. Si chiede di renderlo orfano di un padre ancora in vita e di ogni beneficio che la figura paterna potrebbe offrirgli. Allora, esattamente, come tutto ciò dovrebbe «difendere» quel bambino che viene brandito come arma di propaganda attraverso un'azione volta ad impedirgli i diritti che hanno tutti i suoi coetanei?

Ma forse l'unica risposta plausibile giunge dall'osservare le immagini che il soggetto in questione ha utilizzato sul suo profilo Facebook. Una bandiera rainbow con un simbolo di divieto chiarisce come il suo problema paia il suo odio versi gay, non certo dei fantomatici diritti per i loro figli. Il tutto ci riposta ancora una volta ad osservare come tutta battaglia ideologica sfrutti i bambini per danneggiarli al solo fine di nascondere l'unica vero sentimento che li anima: l'omofobia.
6 commenti