Unioni civili, trenta "cattolici" del Pd chiedono più discriminazioni per i gay e per i loro figli


Pare ormai che il cristianesimo non sia visto più come un qualcosa che debba guidare la vita dei fedeli, ma un'arma da utilizzare per legittimare ogni forma di odio e di discriminazione. E lo si vede ovunque. Sui social network c'è chi scrive messaggi da denuncia penale e invoca l'immunità citando a sproposito la Bibbia, e c'è chi vuole danneggiare i bambini altrui per farsi bello dinnanzi all'integralismo cattolico.
Tra loro anche trenta deputati del Pd che si dicono cattolici e desiderosi di vedere dei bambini privati dalle loro sacrosante tutele giuridiche perché la loro fede cristiana non gli permette di accettare che i suoi genitori possano avere gusti sessuali diversi dai loro. Evidentemente poso interessati a come uno stato laico dovrebbe pensare al bene dei cittadini e non all'imposizione di una presunta fede religiosa, i trenta risultano anche i firmatari di un documento in cui chiedono lo stralcio della stepchild adoption una maggiore discriminazione delle famiglie gay in modo che le loro unioni non possano in alcun modo essere assimilate al matrimonio.

Nel testo presentato chiedono:

1) una riformulazione giuridicamente più coerente degli art. 2, 3 e 4 che eviti i rimandi pedissequi alle norme del Codice civile sul matrimonio ivi considerato nella sua accezione costituzionale, sanando così le contraddizioni e ambiguità ora presenti;
2) che, in premessa, il riferimento all’art. 2 della Costituzione sia reso esplicito;
3) che l’art. 5 che introduce la cosiddetta “stepchild adoption” sia stralciato e rinviato ad una riforma più organica degli istituti paragenitoriali, ovvero sostituito con soluzioni normative che, nel garantire piena tutela ai diritti dei minori, evitino di legittimare o incentivare comportamenti gravemente antigiuridici».

Appare difficile non temere che tutte queste mosse finalizzate a compiacere l'integralismo cattolico possano tramutarsi in modifiche inaccettabili di stampo fascista. ancor più se si considera come lo slittamento della discussione parlamentare ha tutta l'aria di una mossa finalizzata a rimandare la votazione ad una data successiva a quella del Family day, quasi a voler vedere quanta gente parteciperà alla manifestazione di Adinolfi prima di decidere quanto le sue due famiglie debbano essere privilegiate rispetto a quelle gay.
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