Tempi parla di «totalitarismo» a fronte di chi chiede rispetto per l'orientamento sessuale degli studenti


Il pensiero unico dell'integralismo cattolico non tollera che la si possa pensare in modo diverso. Qui in Italia lo abbiamo visto con i convegno di indottrinamento a senso unico organizzati da Maroni, Amato o da ProVita. Lo si è visto con l'illuminazione del Pirellone per imporre un pensiero attraverso l'uso delle struttura pubbliche. Lo si è visto persino con una mobilitazione di piazza in cui alcune persone non hanno manifestato per i propri diritti, ma contro quelli altrui.
Me muovere questa grande macchina della menzogna organizzata è necessario fornire la paura (così come ben viene spiegato in un video di Just Talk). La gente deve temere i diritti altrui e deve optare per la discriminazione nella convinzione che tutto questo possa portargli un beneficio. Ed è proprio in questo senso che si orienta la macchina propagandistica di Tempi, sempre più intenzionata ad alimentare l'odio verso le minoranze e a portare voti ai partiti di destra.

In un articolo dal titolo "Canada, turbo-gender obbligatorio a scuola. È totalitarismo", si evidenzia molto chiaramente l'intenzione di alimentare paura verso chiunque proponga politiche esclusive che non si basino sui distingui di stampo fascista che tanto paiono piacere al giornale ciellino. Raccontano:

Il governo dell’Alberta, infatti, ha rilasciato a metà gennaio le nuove linee guide sul rispetto della diversità a scuola, che in base all’Alberta School Act tutti gli istituti devono rispettare. Per l’applicazione delle linee guida il governo ha dato tempo a tutte le scuole per organizzarsi fino al 31 marzo. Dopo questa data, scatteranno eventuali sanzioni.

A preoccuparli particolarmente è l'idea che i ragazzi lgbt non saranno discriminati, con il rischio che possano crescere felici senza subire quelle angherie e quelle umiliazioni che loro aupicano per chiunque non si identifichi come eterosessuale:

Alla base delle linee guida c’è la convinzione che «l’auto-identificazione è la sola misura dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere di un individuo». Non ha alcuna importanza se si è nati maschi o femmine, dunque. Non ha importanza neanche se si vuole cambiare sesso. Se un bambino pretende di essere una bambina o viceversa, per qualsiasi motivo, anche in assenza di cambiamenti corporei, deve «essere rispettato» e trattato di conseguenza. Se vuole, per questo, essere chiamato con un altro nome, deve essere rispettato. Il nome prescelto dal bambino, anche se non è sulla carta di identità, deve essere usato il più possibile anche sui documenti della scuola. Tranne che su quelli governativi/ufficiali.

Lo dicono chiaramente: il loro problema è che l'identità di genere dei bambini sia rispettato. Ad appoggiare la loro posizione è l'immancabile vescovo di turno, convinto che le scuole debbano aver il diritto di imporre ai ragazzi un orientamento sessuale eterosessuale:

Il vescovo Henry ha denunciato queste misure scrivendo ai suoi fedeli: «Cari fratelli e sorelle, mi rattrista dovervi dire che il totalitarismo è vivo e sta molto bene in Alberta». Con le nuove linee guida vogliono «imporre un’ideologia ristretta e anti-cattolica. Essendo un approccio totalitario, è in contrasto con l’opinione data dalla Corte Costituzionale».
«Le nostre scuole cattoliche sono inclusive e insegnano l’amore e compassione per ogni persona», continua. «Il nostro insegnamento è semplice e diretto. Dio ci ha creati maschi e femmine. Facendo questo, ha dato uguale dignità sia agli uomini che alle donne. Il corpo e il sesso sono doni di Dio e sono buoni, per questo non guardiamo alla sessualità con timore né alla carne con ostilità». Ma la visione «ideologica e politicizzata» che il governo dell’Alberta ha della «sessualità non è cattolica» e la Corte Costituzionale ha invece garantito il diritto alle scuole cattoliche di «spiegare in autonomia la propria fede». Ecco perché il vescovo si è opposto all’applicazione obbligatoria delle direttive in tutte le scuole.

Poi aggiungono:

Altri vescovi si sono espressi contro la decisione del governo. L’arcivescovo di Edmonton, Richard Smith, ha dichiarato che «l’idea prevalente che ognuno possa auto-determinare la propria identità porta a un mondo dove niente può essere creduto al di là dei confini della propria mente. Ma la realtà è che la verità ci precede». Il vescovo Paul Terrio di San Paolo ha scritto una lettera pastorale nella quale ribadisce che «affermare che l’auto-identificazione è la sola misura dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere è uno stravolgimento antropologico che nega la realtà biologica dell’uomo».

Insomma, si è al punto in cui qualcuno non è disposto ad andare oltre al concetto che si sia maschi e femmine a seconda della presenza o meno del pene, quasi come se l'intera sessualità umana possa essere ridotta a concetti semplicistici da bambini di prima elementare. Il tutto con un clima in cui pare che qualcuno abbia paura del cambiamento e scelga di spaventare gli altri al solo fine di imporre il propri pregiudizi alla società. Con buona pace per chi rischia di essere picchiato, offesso o spinto al suicidio solo perché comprendere la diversità richiede uno sforzo mentale.
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