La provincia di Udine patrocina la campagna elettorale di Gianfranco Amato


Gianfranco Amato è attualmente un candidato alle elezioni comunali di Roma. Ed è un caso più unico che raro osservare come le istituzioni patrocinino la sua campagna elettorale.
Sulla sua pagina campeggia in bella mostra il simbolo del partito di Adinolfi, a cui si associa il patrocinio che una serie di comuni hanno deciso di concedere alla sua campagna di disinformazione. Il 12 aprile sarà il comune di Malo Vicenza a patrocinare il suo comizio elettorale, mentre l'11 aprile tale atto sarà compiuto dal Comune di Paluzza, dal Comune di Sutrio, dal Comune di Cervicento, dai Comune di Treppo Carnico, dal Comune di Ligosullo e dalla Provincia di Udine.
Per proprietà transitiva, dunque, questi comuni e la Provincia di Udine utilizzano le strutture istituzionali per suggerire di votare Adinolfi in modo che i gay e le lesbiche di Roma siano cacciate dalla città dopo l'entrata in vigore della sharia paventata dal leader integralista.
Si sa anche che a nessuno interessa davvero cosa vada a raccontare Amato, ancor più considerato come siano anni che il suo spettacolo teatrale risulti sempre uguale: estrapolerà le solite tabelle da documenti più articolati per sostenere che l'Oms voglia obbligare i bambini da 0 a 4 anni a masturbarsi, sosterrà che l'ideologia gender esista davvero anche se ne nessuno l'ha mai vista, attaccherà i transessuali che decidono di non farsi castrare sostenendo che le leggi che lo consentono siano corrette dato che lui vuole che i transessuali siano sterilizzati con la forza. Tutte tesi già ampliamene screditate che verranno presumibilmente ripetute come se nulla fosse, anche perché nella realtà Amato è ormai un simbolo che viene invitato quando una istituzione vuole far capire che una parte della cittadinanza non è ben accetta.
Pare saperlo bene anche lo stesso Amato che su Facebook sfotte le persone da lui discriminate. Dinnanzi ai patrocini che può vantare all'interno della sua campagna elettorale, scrive divertito: «A qualcuno verrà l'orticaria».
Se risulta comprensibile che l'avvocato voglia sfruttare le istituzioni per promuovere sé stesso e il suo partito, meno chiaro è perché lo stato non faccia nulla. Il buonsenso suggerisce che uno stato dovrebbe mandare degli siettori a porre una semplice domanda a chi ha deciso quei patrocini, chiedendo loro su che basi appoggiano e propagandano l'idea che esiste una fantomatica "ideologia gender" che gli organi preposito anno già etichettato come una truffa culturale. Se non ci saranno valide obiezioni, si dovrebbe procedere al commissariamento e alla denuncia dei sindaci per abuso d'ufficio. Invece non accade nulla di tutto ciò: ogni sindaco italiano è libero di imporre la propria ideologia e migliaia di cittadini sono costretti a subire vessazioni insulti gratuiti sulla base dei personali pregiudizi di persone poco interessate a garantire i diritti costituzionali. Se l'Italia è l'unico stato europeo in cui queste realtà si sono diffuse non è perché la gente è bigotta, è perché non c'è uno stato.

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