L’altra vita degli studenti universitari di Urbino


È il giornalista Andrea Perini ad aver firmato un'interessante inchiesta sul mondo gay di Urbino, una realtà che vive in punta di piedi in un centro che accetta gli omosessuali «solo se non danno troppo nell'occhio». Ma, allo stesso tempo, è anche una vera e propria meta per chi scappa dalla discriminazione in ambito domestico e che finalmente può essere sé stesso alla luce del sole.
A rendere ancor più significativa l'inchiesta è anche come Urbino sia l'unica città italiana in cui il rapporto tra cittadini e universitari è di uno a uno. Eppure è anche una città che non offre alla popolazione gay alcuna associazione studentesche lgbt, nessun locali e nessun evento a tema.
Giacomo, Roberta e Jacopo, rispettivamente attivisti di Gay and Proud (Gap), Agedo Marche e Arcigay-Agorà Pesaro e Urbino, raccontano come cerchino di di rompere il silenzio: «Abituare l’occhio per educare la mente» è l’idea di Giacomo perché «tra le pieghe del silenzio mascherato da completa accettazione si può celare la paura dell’ignoto e di conseguenza l’omofobia».
Eppure c'è anche chi ha ritrovato sé stesso. Ad esempio una studentessa calabrese racconta come «Il mondo gay, prima di arrivare a Urbino, per me non esisteva. La mia vita era già stata scritta: dovevo laurearmi, sposarmi con un uomo e fare dei figli. Ero stata formata per questo. Sono arrivata a Urbino quindi con la consapevolezza di essere quella persona che la società, la cultura del mio paese, della mia famiglia, avevano creato. Il mio personale punto di svolta è arrivato nel 2009 quando mi sono resa conto di essermi innamorata di un’altra donna e che, soprattutto, a Urbino non dovevo provare vergogna per questo. Potevo espormi senza il timore di essere giudicata».

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