Francesca Romana Poleggi: «È una bugia che l’omosessualità sia naturale»


Gli articoli di Francesca Romana Poleggi pubblicati da ProVita appaiono sempre più tragicomici. Questa volta la incontriamo pronta a firmare un pezzo dal titolo "Gender ovunque? Anche nel cibo salutare? Siamo visionari?".
La donna esordisce nel definire quella che lei sostiene sia la verità assoluta: «È necessario ricordare, soprattutto a genitori ed educatori, che certe idee balzane sono anche subdole e sanno insinuarsi piano piano, dolcemente, nelle nostre teste, come gli esperti di propaganda sanno bene». Curiosamente pare che il riferimento non sia tanto alle attività propagandistiche della sua associazione ma a quella fantomatica «ideologia gender» che lo stesso governo ha riconosciuto come «una truffa culturale».

Il primo affondo è un processo alle intenzioni di un film che ammettono di non aver mai visto ma che sanno di poter criticare dato che i protagonisti sono gay e, quindi, persone a loro non gradite. La Poleggi si lancia così nell'asserire:

Abbiamo letto le recensioni al nuovo film di Cotroneo, Il Bacio. Sarà senz’altro un film stupendo, poetico, educativo (ci riserviamo di andarlo a vedere al più presto), ma intanto trasmette la solita bufala dello stuolo di ragazzi gay morti per omofobia. Una balla vergognosa, smentita dai dati ufficiali della Pubblica Sicurezza, dell’OCSE… Come fu a suo tempo il numero assolutamente inventato e spropositato delle donne morte per aborto clandestino. E trasmette senz’altro come verità indiscussa (ed è invece un’altra bugia) che l’omosessualità sia la cosa più naturale di questo mondo.
E il film, in anteprima, è già stato proiettato per alcune scuole: ai ragazzi sono arrivati quindi una serie di messaggi poetici, positivi, educativi, e contemporaneamente, senza troppo rumore, sono state infilate in testa due idee balzane.

Se non c'è bisogno di commentare l'insulto con cui la donna sostiene che l'omosessualità non sia naturale, difficile è non notare come appaia innaturale assistere alla scena tragica in cui una persona si mostri pronta a negare ogni evidenza solo perché odia il prossimo e non si fa problemi ad utilizzare la credenza religiosa per propagandare un nuovo nazismo basato sull'oppressione delle diversità sulla base di un mero pregiudizio.
La Poleggi potrà poi agitare tutte le statistiche a lei più favorevoli, eppure basta leggere le sue parole per confutare la sua ideologia. Quando un sedicente sito cattolico cerca di convincere dei genitori o degli educatori che l'omosessualità dei figli sia innaturale, è normale che si stia creando nuove vittime di omofobia. Quelle famiglie diverranno un centro di discriminazione in cui gli adolescenti saranno spinti a forme di autolesionismo: tutti gli studi scientifici confermano come la mancata accettazione da parte delle famiglie spinga i gay e le lesbiche verso l'abuso di alcool e droghe, motivo per cui chi ha creato quelle condizioni dovrebbe sentirsene responsabile al posto di dire che l'omofobia non esiste. Grazie a Dio (quello vero, non certo quello di Brandi) il numero di omicidi è limitato, ma appare inutile dover spiegare come esistano tanti altri modi per uccidere una persona. Negargli il rispetto, alimentare l'odio verso di loro, escluderle dalla società o negare il riconoscimento dei loro affetti significa colpire mortalmente un uomo. Negare questa evidenza sarebbe come sostenere che il nazismo non sia da condannare perché in fondo qualche ebreo è pure uscito vivo dai campi di sterminio (e quelli morti non hanno certo sporto denuncia).

Ma la fervida immaginazione della Poleggi appare inarrestabile, ed è così che nell'articolo si lancia pure nel sostenere altre assurdità propagandistiche. Scrive:

In una scuola di Faenza è stato presentato il progetto “Sapere Coop: La guida 2015 – 2016 – Il cibo del futuro, il futuro del cibo”. Un progetto destinato a scolari, famiglie, educatori sull’educazione alimentare, sullo sviluppo sostenibile, sul consumo.
Non entriamo nel dettaglio perché non è quello che ora ci interessa. Vi domanderete cosa c’entra con il gender? Guardate, ad un certo punto, cosa spunta tra le schede destinate alle attività educative da realizzare a scuola: l’identità di genere.
Cosa c’entra l’identità di genere col cibo? Forse siamo di mente troppo semplice: il collegamento che spiegano in queste schede ci sembra un poco forzato. E subito dopo l’identità di genere arrivano “i condizionamenti culturali che… determinano la tradizionale differenza tra uomo e donna”.
Allora: se ci mettiamo a strillare “Aiuto, il gender!”, in questo caso finiamo nel ridicolo. Però ci darete atto che un “formatore” che voglia in questo contesto spiegare a ragazzini di 12–16 anni (età delicatissima) che l’essere maschio o femmina è solo uno stereotipo, che sono tutti neutri, che possono scegliere il genere a prescindere dalla loro identità sessuata, può farlo benissimo, rispettando il programma di “educazione alimentare”. I genitori, che avranno senz’altro approvato il progetto di “educazione alimentare”, neanche potrebbero protestare.

Il gioco è sempre lo stesso: si estrapolano le parole dal proprio concetto per attribuirle un significato diverso. Stando alla teoria dell Poleggi, dunque, ecco che si apprende che quel fantomatico «gender» non sarebbe altro che l'identità di genere. Peccato, però, che in altre occasioni la sua associazione negato quell'affinità dato che poi si ritroverebbe a dover rispondere di concetti realmente esistenti e non di una qualche fantasia teoria inventata di sana pianta in modo da poterla forgiare a proprio uso e consumo sulla base della convenienza del momento.
Inoltre, se la Peleggi avesse letto l'intera frase al posto di soffermarsi su un'unica parola, avrebbe anche scoperto che quel testo afferma che «l'identità di genere è la prima e più importante delle differenze in quanto, valorizzare i ruoli distintivi del maschile e del femminine, permette lo sviluppo della società stessa e di raggiungere raggiungere pari opportunità tra cittadini e cittadine».
Ebbene, dinnanzi a quella frase la Poleggi sostiene che qualcuno voglia cancellare la differenza fra maschile e femminile per rendere tutti persone "neutre". Si parla della «prima e più importante delle differenze» e di «valorizzare i ruoli distintivi del maschile e del femminine», ma nella mente della Poleggi quelle parole dovrebbero invitare ad essere neutri.
Allo stesso modo quando si parla di «tradizionale differenza tra uomo e donna» non si nega l'esistenza di una diffreza, ma si parla di quella connotazione attribuita dalla tradizione che vorrebbe le donne chiuse in cucina mentre l'uomo si diverte con l'amante.

Forse è inutile provare a spiegare a questa gente che le parole hanno un significato e che non è lecito attribuire fantasiose interpretazioni a concetti espressi in modo molto chiaro. Ancor più se esiste il timore che dietro ci sia solo malafede. La Poleggi passa le sue intere giornate a cercare di impedire che un uomo possa sposare il suo compagno e sostiene che qualcuno voglia annullare le differenze. Se così fosse, difficile sarebbe comprendere perché mai un uomo dovrebbe accettare persecuzione e violenze per veder riconosciuto il suo rapporto se reputa che non ci sia differenza fra i sessi. A questo punto non farebbe prima a risparmiarsi un po' di gastriti e a sposare una donna se davvero non ci fossero quelle differenze? Se non lo fa è solo perché nessuno vuole cancellare nulla e perché tutti sanno che le differenze vanno tutte valorizzate. Tutti a parte quell'integralismo che ha tutta la convenienza a sostenere il contrario dato che è più facile ottenere consensi criticando una una bugia piuttosto che trovare argomentazioni contro una verità.

Un'ultima nota riguarda il perché si parli di identità di genere in una guida per l'alimentazione. Il motivo è semplice: quella non è una guida per l'alimentazione! A pagina 5 viene chiaramente spiegato come esista si un filone dedicato all'alimentazione, ma anche altri progetti dedicati al rispetto dell'ambiente o all'educazione civica. I testo dell'edizione 2015-2016 della "Guida SapereCoop" sono stati curati dalla casa editrice De Agostini e dall'illustratore Santo Pappalardo, due nomi che probabilmente godono di maggiore autorevolezza rispetto al parere di chi critica film mai visti e che pare avere una certa antipatia nel leggere le frase nella loro interezza.
Riguardo ai contenuti, basta leggere la descrizione proposta sul sito di Coop Reno per capirne i reali obiettivi. Spiegano infatti: «Che cosa sognano di diventare le ragazze oggi? Le loro riviste propongono test sentimentali e consigli su come truccarsi. La pubblicità le dipinge come piccole cuoche. I programmi televisivi ci propongono ragazze “grechine” il cui unico scopo è quello di fornire attraverso il loro corpo e viso un’immagine piacevole e decorativa. E i ragazzi cosa sognano? Come sono rappresentati dai media? Quali sono gli stereotipi ricorrenti usati dalla comunicazione per raffigurarli? In realtà non esistono qualità “maschili” e qualità “femminili”, ma solo qualità umane. L’animazione si propone di offrire moltissimi spunti di discussione e riflessione attraverso l’analisi di riviste, pubblicità, spezzoni di programmi televisivi, beni di consumo». Ma davvero secondo la Poleggi tutto questo servirebbe a rendere "neutri" i ragazzi?
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