ProVita all'attacco dell'Ordine degli Psicologi. Sostiene sia illegittimo che rispondano con tesi scientifiche alla loro ideologia


L'associazione ProVita è una di quelle realtà che ha basato la propria esistenza sul commercio dell'odio attraverso l'arma del pregiudizio. A giudicare dalla loro colossale campagna pubblicitaria atta ad ottenere il 5 per mille degli omofobi (che verrà conseguentemente sottratto alla ricerca sul cancro o altre realtà serie), verrebbe anche da dire che quel commercio potrebbe fruttargli bene anche a livello economico.
Eppure l'associazione ProVita ha un grande problema: come tutte le ideologie della morte, anche la loro appare costretta a scontrarsi con la realtà dei fatti. La loro propaganda è inventata a tavolino e la fantomatica «ideologia gender», a cui ostinatamente si appellano, semplicemente non esiste. Era inevitabile che prima o poi qualcuno glielo avrebbe fatto notare.
Il loro nuovo nemico è dunque la scienza, ossia quella strana cosa che studia i fenomeni e che non inventa strambe teorie in base al profitto economico che ne potrebbero trarne. La scienza ha smentito tutte le loro teorie riguardo al fatto che l'omosessualità non fosse naturale, ha screditato le loro teorie riguardo al fatto che i figli delle famiglie omogenitoriali crescessero peggio, ha screditato da decenni la loro ipotesi che vedrebbe nell'orientamento sessuale una "malattia" da curare attraverso il ricorso a gruppi religiosi. Insomma, non c'è una sola teorie della loro propaganda che non si basi su fatti screditati.
E quando non hanno argomentazioni, la loro prassi è mettere in moto una macchina del fang che insulti e cerchi di screditare le persone a loro poco gradite perché esterne al pensiero unico che vorrebbero sia imposto per legge.

È in un articolo firmato da Alessandro Benigni che l'associazione si lancia nell'attaccare l'Ordine degli Psicologi, sostenendo che il loro pregiudizio valga molto più della loro opinione professionale. Scrivono:

L’intervento, magistrale, di Cantelmi ha molti pregi che sarebbe qui difficile sottolineare in poche righe. Ma uno su tutti è l’affermare chiaramente, una volta per tutte, che “Il Re è nudo“. Con una escalation senza precedenti, l’Ordine degli Psicologi sembra muoversi sempre più esercitando pressioni indebite sui suoi iscritti e, quel che è peggio, in modo sostanzialmente contrario al grado di epistéme che ci aspetteremmo da un’associazione di questo tipo. Le dichiarazioni e i comunicati stampa in merito all’ideologia gender e alla questione delle adozioni in coppie same-sex palesano infatti una pericolosa curvatura ideologica, non solo in correlazione al fatto (tristemente risaputo) che gli iscritti vengono segnalati ed automaticamente invitati (dato preoccupante di per sé) a dare spiegazioni, a giustificarsi, a produrre documenti, laddove manifestino posizioni contrarie al mainstream dominante (mentre mai avviene, guarda caso, il contrario), ma soprattutto quando la posizione assunta dall’Ordine si rivela (pubblicamente ed in perfetto sincronismo con le dinamiche politiche del momento) in tutta la sua unilateralità: non sembra infatti minimamente tener conto né della pluralità (scientificamente fondata) delle posizioni, né tantomeno di che cosa sia (e debba essere) un serio dibattito scientifico. Anzi, lo stesso dibattito sembra impedito a priori. Per esempio cancellando gli interventi critici dalle pagine dei social network.

Insomma, l'articolo attacca un Ordine che osa garantire la professionalità dei propri iscritti anziché permettere che ciascuno di fare ciò che vuole sulla base dei propri convincimenti e delle proprie credenze. Ma non solo. Aggiungono anche che:

Modus operandi, questo, palesemente contrario all’epistéme scientifica: la scienza non solo dovrebbe vivere nel e del dibattito tra opposte posizioni, ma dovrebbe anche ricordarsi che (ad eccezione della matematica) non è in grado di dimostrare mai nulla in modo definitivo. Il campo della ricerca è per sua natura, e dev’essere, sempre aperto, perché si possa parlare di scienza genuina e non di scienza asservita all’ideologia.
Fanno riflettere, a questo proposito, i comunicati stampa degli ordini regionali puntualmente fatti circolare “ad orologeria” proprio in concomitanza con la recente votazione del ddl Cirinnà. I livelli discutibili sono almeno due: quello dell’analisi logica e semantica (il come) e quello dei contenuti (il cosa). Ci sarebbe anche il piano teleologico (il perché) ma fare dietrologia non è il mio mestiere mi fermo qui.

Strano. Quando l'associazione tenta di convincere i suoi adepti che l'omosessualità sia una patologia e che l'Oms non sia in grado di fare il suo lavoro, la loro posizione è atta a sostenere che la loro visione personale sia da ritenersi una verità rivelata. Ma se un'associazione scintifica chiede di appellarsi agli studi accreditati e non elle proprie teorie personali, allora quello è un qualcosa di indebito. Ognuno deve poter fare ciò che vuole, l'importante è che lo faccia in un ottica che possa danneggiare i gay e legittimare le fase teorie di un gruppo integralista assetato di morte.

Altro attacchi vengono riservati a chi ha dimostrato la falsità di altre loro teorie, peraltro tirando in ballo anche il nuovo tormentone di ProVita volto a cercare di far credere che i gay possano essere "curati" e resi eterosessuali:

Allo stesso modo, meritevole di attenzione e di massima divulgazione è l’intervento di Renzo Puccetti. Anche qui i punti di forza sono molti, ma un punto più degli altri mi sembra da rimarcare. Ammesso e non concesso che l’attrazione omosessuale possa essere innata (come viene spiegato nell’articolo), questo assunto (o la sua negazione) non costituisce né un dogma scientifico né tantomeno di fede, e nemmeno una ragione sufficiente per chiudere tutta la discussione in un cieco determinismo. La coerenza, prima di tutto: se è sufficiente una predisposizione genetica per accettarne passivamente tutte le conseguenze specie-specifiche, allora non si vede perché le persone omosessuali che desiderano un cambiamento non abbiano abbiano il diritto di chiedere sostegno e di ottenerlo, se non fosse altro per trovare un equilibrio più soddisfacente, come avviene per altri casi in cui la genetica sembra giocare un ruolo importante (come ad esempio nel caso degli obesi, opportunamente richiamato da Puccetti). Gli ex obesi, come gli ex omosessuali, mostrano in modo incontrovertibile che un cambiamento è possibile. Perché allora nessuno condanna i terapeuti che sostengono gli obesi che desiderano cambiare, mentre lo stesso sostegno viene stigmatizzato nel caso degli omosessuali?
Detto questo, occorre infine ribadire l’assurdità delle pretese che vengono avanzate (matrimonio e conseguente possibilità di adozione) sulla base di queste considerazioni (ed affini, come per es. “è un fatto naturale”, “l’antropologia mostra che non esiste una famiglia naturale” e così via). Quand’anche la scienza mostrasse ulteriori e più cospicui risultati in favore dell’ipotesi dell’origine genetica dell’omosessualità, da ciò non deriva in alcun modo alcuna conseguenza vincolante sul piano etico: negare il padre o la madre ad un bambino solo per soddisfare il desiderio di due adulti è e resterà un atto di vergognosa violenza. E se c’è chi si azzarda a sostenere che un bambino può vivere benissimo senza mamma o senza papà, rispondiamo che a maggior ragione due omosessuali potranno vivere benissimo senza un bambino.

Ma dinnanzi a tutto questo, forse basterebbe anche solo il buonsenso per comprendere che si è davanti al canto del cigno di un gruppo di persone che vorrebbe poter decidere come debba funzionare il mondo, contro ogni logica o evidenza scientifica. Ma quando un'associazione inizia ad attaccate tutte le organizzazioni, tutte le istituzioni e tutta l'area della cultura al fine di sostenere che nessuno capisca nulla e che solo loro conoscono la verità assoluta, forse non c'è altro da aggiungere.

Riguardo all'autore dell'articolo, Benigni risulta un collaboratore di tesate fortemente ideologiche come Notizie pro vita, Cristiano Cattolico, Nelle Note, Libertà e Persona, Tocqueville.it e Lo sai.eu. Più preoccupante è invece come si dichiari «docente di ruolo di filosofia e psicologia nei licei». nella scuola italiana può dunque capitare che uno studente gay possa ritrovarsi come professore una persona che argomenta in questo modo la sua contrarietà alla loro esistenza.
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