Il cardinal Cafarra invita all'illegalità: «I sindaci cattolici non rispettino la legge sulle unioni civili»


Partiamo dall'ovvio: non esiste alcuna fantomatica "obiezione di coscienza" al rispetto della leggi e il pregiudizi personali di un sindaco non lo esimono dallo svolgere i suoi compiti di legge. Eppure i siti legati all'integralismo cattolico continuano a dare per scontato che esita quell'opzione, magari invitando pure i sindaci a delinquere nel nome del loro pregiudizio. Pare evidente che quella menzogna venga ripetuta ad oltranza nella speranza che si possa far credere ai lettori che si tratti di una verità, elemento essenziale per per poter legittimare una battaglia d'odio e una discriminazione incostituzionale ai danni delle minoranze a loro meno gradite.
In questo clima è la solita Nuova Bussola Quotidiana ad aver cercato il commento del cardinale Carlo Caffarra, l'arcivescovo emerito di Bologna che è noto solo per le su posizioni omofobe e per la violenza che è solito riservare alle persone lgbt. Chiedere un'opinione a lui è come rivolgersi ad un nazista per avere un commento sui diritti degli ebrei: si sa già in anticipo ciò che dirà e si può star certi che la sua azione sarà dalla parte del fronte dell'odio.

Cafarra esordisce così con il fornire la sua personalissima definizione di famiglia, ossia una «società che trae origine dal matrimonio, patto indissolubile tra un uomo e una donna, che ha la finalità di unire i coniugi e trasmettere la vita umana». Se così fosse, questo non spiega minimamente perché mai nelle sue diocesi vengano unite in matrimonio anche le coppie che non vogliono figli o quelle che per evidenti limiti d'età non potranno mai avere figli. Sappiamo bene che un 20enne si può tranquillamente sposare una ricca 90enne in chiesa, così come appare riduttivo il sostenere che l'unica funzione della famiglia sia quella di fare sesso e produrre figli. Non è così per molte famiglie eterosessuali e non è così per la legge italiana.
Da qui all'affondo non passa molto tempo: l'arcivescovo sostiene che da un'unione civile «non nasce una famiglia» e che «il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, firmando questa legge, ha sottoscritto una ridefinizione del matrimonio. Ma un provvedimento normativo non cambia la realtà delle cose».
In frasi simili la disinformazione pare regnare dato che purtroppo la legge Cirinnà non parla di matrimoni, ma si sa che le generazioni sono utili a chiunque voglia far percepire una realtà distorta che possa tornare utile ai propri piani politici . Ed infatti Cafarra si lancia ben presto in un vergognoso affondo:

Occorre dirlo: i sindaci (soprattutto, naturalmente, quelli cattolici) devono fare obiezione di coscienza. Celebrando un’unione civile si renderebbero infatti corresponsabili di un atto gravemente illecito sul piano morale.

L'arcivescovo sta dunque invitando i sindaci all'illegalità, sostenendo che chiunque non compiacerà i suoi pregiudizi verrà colpito da punizioni divine in un clima in cui si inneggia ad un regime in cui la presunta religiosità dei sindaci dovrebbe legittimare il mancato rispetto della legge e delle normative vigenti ai danni di alcuni cittadini. Forse non esisteranno più i campi di sterminio nazisti, ma l'ideologia di chi vuole negare pari dignità al prossimo pare non essere mai morta in certa gente.

Forse intenzionato a sfruttare la credulità popolare, Cafarra non si trattiene dall'attribuire la sua volontà alla Madonna. Citando suor Lucia (quella che viene ritenuta la "veggente di Fatima") afferma che:

Suor Lucia scrisse – e, vorrei sottolineare, siamo nei primi anni ’80 – che vi sarebbe stato un tempo di uno “scontro finale” tra il Signore e Satana. E il terreno di scontro sarebbe stato costituito dal matrimonio e dalla famiglia. Aggiunse che coloro i quali avrebbero lottato per il matrimonio e la famiglia sarebbero stati perseguitati. Ma anche che costoro non avrebbero dovuto temere, perché la Madonna ha già schiacciato la testa al serpente infernale.
Viviamo una situazione inedita. Mai era accaduto che si ridefinisse il matrimonio. E’ Satana che sfida Dio, come dicendo: “Vedi? Tu proponi la tua creazione. Ma io ti dimostro che costituisco una creazione alternativa. E vedrai che gli uomini diranno: si sta meglio così”. L’arco intero della creazione si regge, secondo la Scrittura, su due colonne: il matrimonio ed il lavoro umano. Non è ora nostro tema il secondo, pure soggetto ad una “crisi definitoria”; per quanto qui concerne, il matrimonio è stato istituzionalmente distrutto.

Peccato che l'omosessualità sia esistita in ogni epoca storica, sempre con le medesime percentuali e sempre con evidenti funzioni sociali (altrimenti l'evoluzione della specie l'avrebbe cancellata). Il negare l'evidenza equivale a negare la bontà della creazione da parte di Dio, con personaggi che si reputano migliori di lui nel ridefinire la famiglia. Se per un attimo mettessimo da parte gli slogan integralisti e il loro uso ideologico delle parole, persino nelle parole da lui citate non sarebbe chiaro se la Madonna non stesse condannando proprio chi vuole negare alcuni matrimoni e voglia togliere ogni riconoscimento ad alcune famiglie.

Eppure lui è convinto che la discriminazione sia la volontà di Dio e che la chiesa debba rispondere aòlla pari dignità di persone che vorrebbero siano discriminate:

La Chiesa deve rispondere, per ragioni direi strutturali. La Chiesa si interessa del matrimonio perché il Signore l’ha elevato a sacramento. Cristo stesso unisce gli sposi. Si badi, non è una metafora: secondo le parole di San Paolo, nel matrimonio il vincolo tra gli sposi si innesta nel vincolo sponsale tra Cristo e la Chiesa, e viceversa. L’indissolubilità non è anzitutto una questione morale (“gli sposi non devono separarsi”), ma ontologica: il sacramento opera una trasformazione nei coniugi. Sicché, dice la Scrittura, non sono più due, ma uno. Questo è detto chiaramente in Amoris Laetitia (par. 71-75). Il sacramento, poi, infonde negli sposi la carità coniugale. E di questo parlano benissimo i capitoli IV e V dell’Esortazione. Inoltre, il sacramento costituisce gli sposi in uno Stato di vita pubblico nella Chiesa e nella società. Come ogni Stato di vita nella Chiesa, anche lo Stato coniugale ha una missione: il dono della vita, che si continua nell’educazione dei figli. Qui il capitolo VII di Amoris Laetitia colma addirittura, a mio avviso, una lacuna nel dibattito dei vescovi al Sinodo.

Orbene, se la Chiesa potrà dire o citare tutto ciò che vuole, la domanda è perché mai lo stato dovrebbe imporre quel credo religioso ai propri cittadini. In che modo le presunte argomentazioni religiose dovrebbero avere effetto su diritti civili come la coabitazione, l'eredità, la reversibilità, l'assistenza socio-sanitaria e via discorrendo?
In fondo Adinolfi ha potuto tranquillamente violare le regole di Cafarra nel divorziare dalla moglie attraverso il ricorso alla legge civile, quindi perché mai ora dovrebbe imporre quelle regole solo perché ledono ii diritti di persone a lui meno gradite? In fondo lo stesso Cafarra dice che Adinolfi è in «uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’Eucaristia» e che quindi «non può accedere all'eucarestia». Eppure, dinnanzi alla legge dello stato, nessun sindaco potrà mai attuare una fantomatica "obiezione di coscienza" che permetta di non riconoscere il suo secondo matrimonio perché sgradito a Cafarra. I gay sono forse cittadini di serie-b dato che per loro varrebbero tutele e diritti inferiori?
9 commenti