La storia di Ben-Shalom e la versione rivista e corretta dell'associazione ProVita


Se avete voglia di essere insultati , basta aprire il sito dell'associazione ProVita e potrete star certi che ci sarà un qualche nuovo articolo con cui la banda di Brandi offenderà la vostra dignità attraverso una propaganda atta ad alimentare l'odio e la violenza nei vostri confronti. È un attacco continuo, incessante e violento.
La modalità comunicativa di ProVita è ormai sempre la stessa. introducono l'argomento attraverso una derisione dei diritti di gay e lesbiche, raccontano un qualche fatto decontestualizzato che li legittimi nel lanciare un qualche anatema.

In un articolo dell'imbarazzante titolo "Omofobia di gay e trans e transfobia di una LGB (senza T)", la banda di Brandi esordisce con il sostenere che:

Il Comitato organizzatore del Milwaukee Pride Parade hanno licenziato Miriam Ben-Shalom, storica attivista lesbica, che era stata nominata dirigente responsabile del Pride, accusandola di transfobia, per il suo atteggiamento critico nei confronti dei trans, cioè degli uomini che indossano abiti femminili e pensano di essere donne.

Interessante è anche la verità rivelata che l'associazione integralista racconta ai suoi lettori, ossia che:

Ma quello che gli organizzatori del Pride non le hanno perdonato è la posizione che sembra aver preso a proposito della ridicola e tragica ‘guerra dei WC‘ in atto da qualche tempo negli stati Uniti: pare che sulla pagina Facebook della Ben-Shalom siano apparsi dei post che ritenevano giusto tener fuori dai bagni femminili i ‘portatori di pene’, a prescindere dal fatto che si sentano donne o meno. Questi post sono stati accusati dal Pride di transfobia e “come tali rappresentano un attacco a un importante segmento della comunità LBGT “.

Tralasciando il passaggio in cui l'associazione si dilunga nel disquisire su chi ha un pene o chi una vagina, o quello in cui paiono essersi dimenticati che quelle che loro definiscono "leggi del wc" finiscono anche per il legittimare il licenziamento e la discriminazione sul posto di lavoro in virtù del proprio orientamento sessuale, l'associazione cita solo un sito integralista come unica fonte di quella storiella. E già questo dovrebbe farci pensare male.
Basta fare una qualche ricerca per ascoltare una ricostruzione un po' diversa. Innanzi tutto la donna non è stata «licenziata» dato che non è mai stata assunta, semplicemente non è stata più invitata a rappresentare la comunità (non è corretto neppure il loro asserire facesse parte dell'organizzazione, ndr) dopo che si è scagliata contro una parte di essa. E non certo con le argomentazioni che sostiene Brandi.
Nella lettera inviata Ben-Shalom, il comitato ha annullato il suo invito affermando che: «È stato portato alla nostra attenzione che la sua pagina Facebook contiene un gran numero di post in cui si afferma che le persone transessuali sono un pericolo per le giovani ragazze che utilizzano bagni pubblici e spogliatoi. È l'opinione del Consiglio che questi post siano esprimano transfobia e come tali rappresentano un attacco a un importante segmento della comunità lgbt».
Dire che i transessuali sono un pericolo e per le persone dell'altro sesso o il sostenere che possano essere artefici di violente è ciò che è stato criticato, non certo la versione all'acqua di rose che Brandi ripropone per sostenere la sua tesi! Non basta certo essere gay per non essere omofobi, altrimenti non si spiegherebbe l'esorbitanza di quei personaggi creati dall'integralismo cattolico come Luca Di Tolve o Giorgio Ponte. Ma forse è un discorso troppo complicato perché la gente di ProVita possa anche solo provare a tentare di comprenderlo, in fondo si sta parlando di persone che si vantano di credere alla fantomatica «ideologia gender» e già questo dovrebbe qualificarli...
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