Piacenza ha organizzato il suo primo corteo contro l'omofobia


Sabato scorso la città di Piacenza ha ospitato il suo primo corteo contro l'omofobia, a cui hanno preso parte un'ottantina di persone. Ma se il numero può sembrare limitato, a spiegarne l'importanza è la storia della città.
Per chi non lo sapesse, Piacenza è una cittadina di 100.000 abitanti al confine fra Emilia Romagna e Lombardia che storicamente non ha mai avuto una comunità lgbt molto visibile, anche a causa della sua vicinanza con quella Milano che spesso e volentieri ha rappresentato una facile via di fuga per gli omosessuali della zona. A Piacenza non ci sono veri e propri locali gay: c'è qualche bar che offre punti di ritrovo semi-clandestini attraverso una sola serata alla settimana o discoteche che ogni tanto propongono serate gay-friendly durante la stagione estiva.
Oltre ad avere i tipici problemi delle cittadine di provincia, Piacenza deve vedersela con un substrato conservatore diffuso capillarmente a tutti i livelli. Sino pochi anni fa l'Università Cattolica del Sacro Cuore era l'unico centro universitario della città, nonché l'unica università cattolica che consegna le sue lauree in Duomo dopo la celebrazione di una messa da parte Vescovo.
Ma non solo, quella struttura era anche sede dei Giuristi Cattolici, vero e proprio punto di riferimento per le varie associazioni che promuovono una cultura omofobica e tentano in tutti i modi di bloccare l'opera di sensibilizzazione verso certe tematiche. Ad esempio è nel 2014 che sono riuscite ad impedire che nelle scuole venisse distribuito un questionario conoscitivo sull'omofobia promosso dal Comune, ossia un ente che nella teoria farebbe parte della rete RE.A.DY ma che nella pratica, dopo quell'episodio, pare essersi fatto intimorire sino al punto di scegliere di non promuovere più alcuna iniziativa similare.
Dulcis in fundo, grazie all'appoggio dei gruppi di genitori neocatecumenali è accaduto anche che in alcuni licei della città siano stati mostrati agli studenti i video con i comizi omofobi di Masimo Gandolfini, sempre e solo in totale assenza di contraddittorio e senza che il grave episodio sollevasse particolari contestazioni tra i genitori.
È dal 2004 che l'Arcigay locale (che si chiama L.'A.T.OMO.) porta avanti la sua mission in un contesto non proprio semplice. Ha cercato di portare a galla alcuni casi di omofobia che avrebbero rischiato di rimanere nell'ombra, così come si è preoccupato di offrire un punto di riferimento per approfondire tematiche lgbt. Il tutto in un silenzio complice dei media, così come dimostrato anche da come in questi gironi quasi nessuno abbia segnalato l'organizzazione del primo corteo contro l'omofobia mai tenutosi in città. E non era un'organizzazione da poco, dato che a collaborare all'iniziativa c'erano anche l'Unione degli Studenti di Piacenza, Amnesty Giovani e i rappresentanti locali di Agedo e Famiglie Arcobaleno.
La nota positiva è come l'idea sia partita dai giovani della città, i quali hanno rappresentato una parte consistente del corteo. Questo può farci sperare che un fututo migliore sia possibile.

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