ProVita: «Nel mondo occidentale la cultura gay impazza, a scapito della normalità»


Non passa giorno senza che l'associazione ProVita Onlus non se ne esca con un qualche nuovo insulto volto ad alimentare l'odio e la violenza contro la comunità lgbt. In un Paese dove le lobby clericali sono riusciti a calpestare i diritti costituzionali di milioni di cittadini nel nome del loro pregiudizi, la banda di Barndi se ne esce con l'asserire:

Il “gay power“, ovvero lo strapotere della lobby LGBT, non dovrebbe più essere un mistero per nessuno. Per averne l’ennesima riprova, basta osservare quanto sta accadendo (guarda caso…) nel Regno Unito.

L'associazione torna così a dare per assodato che l'omosessualità non sia un orientamento sessuale ma una fantomatica «ideologia» assimilata a quel «gender» che non esiste se non nelle menti chi chi lo usa per nascondere la propria omofobia. Affermano così:

Che l’ideologia omosessualista e gender sia ormai di casa nella terra della Regina Elisabetta II è notorio. Del resto, il governo conservatore (si fa per dire) di David Cameron ha già legalizzato lo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso.

In realtà si parla di matrimonio egualitario, ma a renderlo «pesudo-matrimonio» è l'ideologia di chi ritene che l'insulto e la mancanza di rispetto possano tornare utili ad alimentare la violenza contro quelle persone a cui loro virerebbero negare il diritto all'esistenza. Il messaggio che viene fatto passare è chiarissimo: i gay possono essere insultati e non c'è nulla di male nel dire che valgano meno di un eterosessuale.
Per capire la violenza basterebbe anche solo cambiare i termini e domandarci cosa accadrebbe se qualcuno andasse in giro a dire che i matrimoni fra persone di colore siano dei pseudo-matrimoni immeritevoli della stessa dignità che Brandi esige per il suo. In questo caso probabilmente finirebbero dinnanzi ad un giudice, ma nell'Italia cattofascista tutto può essere detto contro i gay e le loro famiglie.

Tornando all'articolo, aggiungono:

Ora però, in un eccesso di zelo, vuole fare di più per la causa LGBT. L’esecutivo ha chiesto infatti alla nota catena televisiva BBC di assumere almeno un 10% di personale omosessuale, bisessuale, transessuale ed intersessuale entro il 2020.
Anche perché la privata Channel4, principale rivale della BBC, sta già seguendo questo tipo di politica “inclusiva” e si è preposta di raggiungere almeno un 6% di personale LGBT entro il 2020. Cameron dunque vuole che il servizio pubblico del Regno Unito sia, in questo campo, maggiormente competitivo. È partita così la gara a chi è più gay-friendly.
Si tratta, come è palese, di un autentico esempio di affirmative action, ovvero di discriminazione al contrario: per quale motivo, se non per ideologia e sudditanza nei confronti dei potentati gay, bisogna necessariamente assumere dipendenti omosessuali o transessuali? A parità di bravura tra due candidati verrà dunque privilegiato uno solo perché va a letto con una persona dello stesso sesso o perché si è fatto operare? Ma questa è una follia. E un’ingiustizia grossa quanto una casa. Oltre che un oltraggio all’onestà intellettuale.

Anche qui il messaggio è velato ma evidente: si sostiene che i gay debbano essere visto come una minaccia che ci toglierà il lavoro e che ci farà discriminare. Ed è su questa base che l'Associazione ProVita Onlus si lancia nel sostenere che i gay siano persona «anormali» e che sia necessario affermare che l'eterosessualità dia l'unico orientamento da ritenersi «normale». Scrivono:

Per Cameron questa politica è necessaria per favorire l’uguaglianza e le pari opportunità, punti sui quali il cambiamento è ancora, a suo parere, troppo lento. Il premier ritiene infatti che la tv e la radio non riflettano adeguatamente la società attuale e dunque è urgente favorire la diversità, dandole più spazio sugli schermi.
Non sappiamo cosa guardi Cameron in televisione. Certo è che ormai in tutto il mondo occidentale la “cultura” gay impazza, a scapito della normalità. E infatti, proprio nel Regno Unito, in nome della tolleranza, si perseguita chiunque osi mettere in discussione, seppur pacatamente e con buone ragioni, la lobby LGBT.

Il finale non stupisce, con ProVita pronta a sostener che si possa essere contrari all'esistenza di alcune persone. Un'asserzione grave a cui fanno seguire la solita richiesta di fondi a cui lo stato ha permesso loro di accedere per poter finanziare la loro campagna d'odio e di diffamazione delle minoranze.
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