Un pornoattore sieropositivo sul trono gay della De Filippi? Perché no?


Sandro è un ragazzo di Vicenza che, come tanti suoi coetanei, ha deciso di inviare la sua candidatura per il preannunciato trono gay di "Uomini e donne". Nel suo passato ci sono già state apparizioni televisive nel programma "Videoclash" di MTV, in vari spot televisivi e nei videoclip musicali "Se telefonando" di Nek e "Questa non è una canzone" di Paola Turci. Più recentemente è stato anche uno dei quattro concorrenti gay della scorsa stagione di "Undressed" su Nove TV.
A questo curriculum che dovrebbe dimostrare la sua disinvolture dinnanzi alle telecamere, si aggiunge anche un lavoro nel mondo dell'intrattenimento per soli adulti. A 22 anni ha iniziato a lavorare nei cruising bar come animatore nelle serate a tema e poi, quattro anni più tardi, anche come attore pornografica con lo pseudonimo di Sergio Amore e poi con quello di Zander Craze. Attualmente ha un contratto in esclusiva con la Lucas Entertainment.
È così che la sua auto-candidatura al trono gay è stata amplificata da un'intervista pubblicata su Pride, poi ripresa da Bitchyf e da una nuova intervista di Gay.it. In quei contesti si sono aggiunti nuovi dettagli che si sono rivelati destinati a far discutere, come il suo dichiararsi sieropositivo.

Basta osservare alcuni dei commenti che gli sono stati rivolti dai lettori per comprendere che la strada verso la fine di tutte le discriminazioni sia ancora lunga. Nel caso specifico, infatti, si è dinnanzi ad un ragazzo che potrebbe risultare vittima di pregiudizi per tre singoli fattori: il suo orientamento sessuale, il suo stato di salute e la sua professione.
Riguardo a quest'ultimo punto, Sandro appare ottimista: «In genere, quando dico di fare i film porno, suscito sempre un divertito interesse negli altri», ha raccontato. Ma così non è stato per alcuni suoi colleghi, qualcuno si è spinto verso l'auto-distruzione perché socialmente non accettato o c'è chi si è suicidato dopo essersi visto sollevare dai suoi incarichi professionali una volta che i suoi datori di lavoro avevano scoperto la sua partecipazione in alcuni film per soli adulti. L'impressione è che si sia dinnanzi ad una roulette russa, dove sia determinante chi si abbia al proprio fianco e quale sia la loro capacità a giudicare la persona senza sentirsi "migliori" a priori solo perché ci si sente legittimati a giudicare gli altri. E forse Sandro non pare ignorare l'esistenza di questo pregiudizio dato che su Twitter non manca di sottolineare come la sua intenzione sia quella di dimostrare che «anche noi attori porno abbiamo un cuore e un cervello».

Riguardo alla sua sieropositività, Sandro ammette: «La gente ne ha paura». Pare infatti innegabile che si sia fatta davvero poca strada da quando negli anni '80 furono realizzati alcuni spot in cui la sieropositività veniva rappresenta con alcuni aloni viola per spigare che fosse importante proteggersi ma che non ci fosse motivo di aver paura delle persone. Il problema è che da lì in poi si è smesso di parlarne e, come spesso accade, la disinformazione ha contribuito ad aumentare la paura verso problemi che qualcuno spera possano essere risolti semplicemente facendo finta non esistano.
Capita così che oggi ci sia chi lo colpevolizza per il suo stato di salute o chi lamenta che la sua figura alimenterebbe il pregiudizio sul fatto che i gay siano necessariamente legati all'hiv, ma ciò ci porterebbe a creare quella insopportabile scala di priorità in cui si viene portati che alcuni temi andrebbero sdoganati prima di altri sulla base di quella che potrebbe essere l'accettazione da parte dei detrattori. Una simile logica determinerebbe la vittoria degli intolleranti, ai quali verrebbe concesso il lusso di poter decidere chi possa ambire ad una vita felice e chi no sulla base di quanto le loro vittime siano disposte ad assomigliare e omologarsi a loro. Si entrerebbe in quel clima da slogan populisti come "prima il nord" o "prima la famiglia", semplicemente sostituendo i termini e chiedendo che sia data precedenza a sé stessi rispetto a situazioni altrui.
Se si guarda al bene comune e non ai propri interessi, appare difficile ritenere che il messaggio veicolato da Sandro non sia importante. Probabilmente non senza sforzo, si è messo in gioco in prima persona ed ha reso pubblica la sua situazione per lanciare un messaggio chiaro ed incisivo: si può essere felici anche se sieropositivi.
È lo stesso messaggio che in passato ci raccontò anche lo stilista Jack Mackenroth, in un clima dove non andrebbe mai dimenticato a quale catastrofici effetti potrebbe portare la paura e l'incapacità di accettare sé stessi. Giusto per fare un esempio, è una storia molto simile a quella di Sandro e di Jack ad aver creato personaggi come Luca Di Tolve, un uomo che ha contratto l'hiv e si che pare abbia negare ogni sua responsabilità nell'accaduto affidandosi ad un integralismo cattolico che l'ha sedotto sostenendo che lui dovesse sentirsi in pace con sé stesso dato che era colpa dei gay se si era ammalato ed era tutta colpa di sua madre se era gay. Insomma, lui non avrebbe avuto alcun ruolo attivo nella sua vita e avrebbe potuto inventarsi una realtà parallela in cui ogni suo gesto e ogni sua decisione sarebbero state colpa di qualcun altro.

Accettare l'esito degli esami non dev'essere certo facile, ma il rischio di esclusione sociale è ciò che potrebbe spingere le persone a non voler conoscere il proprio stato di salute o a lanciarsi in azioni violente dettate da una sorta voglia di vendetta (si pensi a come Di Tolve abbia tranquillamente dichiarato che, una volta scoperto di aver contratto l'hiv, passò sei anni in a praticare sesso non protetto nel pieno disinteresse di come il suo gesto avrebbe potuto diffondere il contagio in un'epoca in cui la malattia era ancora pressoché sconosciuta e priva di terapie).
Nel caso di Sandro, l'impressione è di essere dinnanzi ad una reazione più composta e corretta. A Gay.it racconta di aver sempre fatto regolarmente il test per l'hiv, così come ha provveduto ad informare i ragazzi con cui aveva fatto sesso una volta venuto a conoscenza del responso. Racconta anche di come sia solito avvisare i suoi nuovi partner, anche se non nasconde che non sia sempre facile affrontare con loro l'argomento. Ed anche per lui la notizia non è stata facile, tant'è che dice di essere stato colto da «una leggera incredulità, mentre già ti senti sprofondare nel vuoto. È una sensazione difficile da spiegare, ma di certo non è una cosa che accetti col sorriso. Ci ho messo degli anni a digerirla bene e a gestirla con tranquillità. All'inizio l'avevo detto solo alla mia famiglia e ai ragazzi con cui avevo fatto sesso nei mesi precedenti. E le dirò: alcuni sono stati comprensivi, mentre altri mi hanno accusato pesantemente. Ho perso addirittura le mie due migliori amiche quando lo hanno saputo. Non è stato facile».
Se si incrocia questo racconto con il dato che vede il 40% dei giovani italiani che non fa uso di preservativi (indipendentemente dall'orientamento sessuale), c'è da chiedersi se la colpevolizzazione e le accuse rivolte a chi è stato contagiato non siano in realtà un riflesso della paura di chi vorrebbe far finta che il problema non esista, magari temendo di doversi fare delle domande sulla propria condotta. Occhio non vede cuor non suole, diceva in proverbio. Ma forse certi argomenti sarebbe bene vederli per conoscere come affrontarli.

Sandro racconta anche come i sieropositivi non abbiano stimoli a rendere pubblica la propria storia perché «è una condizione sociale molto scomoda. Nessuno vuole sentirsi emarginato o rifiutato, soprattutto sessualmente, perché ritenuto pericoloso». Ed è per questo che Sandro vorrebbe portare un messaggio che possa «essere utile anche alla comunità per dare visibilità a tutta una categoria che vive nascosta, per paura e per pregiudizio sociale».
Sempre a Gay.it, aggiunge infine: «Secondo me Maria De Filippi potrebbe cogliere l’occasione per fare la differenza, rischiando un po’ di più. Molte persone hanno commentato la mia candidatura dicendo che io rappresento una realtà troppo estrema e che sul trono ci dovrebbe essere un ragazzo più “normale”, per non spaventare la gente nei confronti degli omosessuali. Io, in tutta sincerità, penso che non ci siano realtà più o meno normali di altre. Ogni persona ha le sue peculiarità e sinceramente io non mi sento di essere un individuo così borderline. Se uno con molte particolarità, come posso essere io, può riuscire a dimostrare alla gente che sotto la superficie non è poi così diverso dagli altri, magari questo potrà essere un piccolo passo verso l’abbattimento di molte discriminazioni. Alla fine, in televisione, di personaggi omosessuali se ne vedono già molti, ma le persone sieropositive non vengono rappresentate e per me invece ce n’è un gran bisogno. Infine, se il grande pubblico ha visto Rocco Siffredi piangere per sua moglie all’Isola, non vedo perché non ci possa essere Zander Craze a cercare l’amore sul trono gay».
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